l'Intervista
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L'intervista a:
Tiziana Faoro
Tiziana Faoro, poesia ed emozioni per mantenere vive le proprie radici
marzo 2, 2011
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di Andrea Ballerini
Tiziana Faoro, di professione infermiera professionale, ha da sempre avuto un rapporto intenso con la scrittura e con le emozioni e questa sua passione, dopo essere stata 'chiusa' dentro e per se', ha potuto esprimersi, prima con un intensa raccolta di emozioni nate dal suo confrontarsi quotidianamente con la malattia, il dolore e la speranza, intitolate 'Infetti d'amore', quindi in questa sua seconda produzione, 'Indissolubili anzi inseparabili' , dedicata alle sue radici, a quelle sue montagne impresse nei ricordi e negli occhi delle persone che piu' ama.
Expolatinos ha incontrato l'autrice in occasione della presentazione del suo libro al Consolato dell'Ecuador a Milano, in una serata organizzata dal Ceac, Centro Ecuadoriano di Arte Cultura, e ne e' nata una breve, ma intensa chiacchierata.
Come e' iniziato questo suo viaggio nel mondo della scrittura e della poesia ?
"Sono una persona molto curiosa, mi lascio coinvolgere dalle situazioni e sono molto critica. Ho iniziato a scrivere da giovane, quando i miei genitori hanno iniziato a fare parte dell'Associazione emigranti bellunesi. L'associazione da sempre, ha prodotto un notiziario periodico, che all'inizio era giusto un foglio, ma era zeppo di errori e io lo feci presente ad un dirigente che mi rispose 'va bene, vedremo cosa sai fare tu'. Avevo 15/16 anni e in seguito, dopo la maturita', ho iniziato ad occuparmi dei problemi legati alla emigrazione ed immigrazione e, supportata dai miei genitori, ho cominciato a scrivere".
Un viaggio che ha preso una sua precisa direzione ?
"L'andare avanti nello scrivere e' sempre stata una scelta mia, rivolta a me stessa come sfogo e ora come ora e' come una necessita'. Il primo libro e' una raccolta di esperienze vissute sul luogo di lavoro che a volte sono molto pesanti. Io avevo iniziato a raccogliere episodi ma li avevo tenuti via, nel cassetto, poi in occasione del concorso che e' stato indetto alla Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone (Mi), mio marito mi ha portato la locandina e ho inviato due cose ottenendo una menzione d'onore. Poi, in un'altra occasione particolare, ho incontrato Ninnj (la poetessa e scrittrice Ninnj Di Stefano Busa', n.d.r). Dovendole fare un prelievo, ho cercato di distrarla e abbiamo incominciato a parlare di scrittura e mi ha invitato a portarle i miei scritti. Dopo aver scoperto chi era lei, non pensavo di farcela, era difficile, poi mi sono fatta coraggio e lei, dopo averli letti, mi disse 'ma lei deve assolutamente pubblicarli' e da li' e' iniziato tutto".
Questa sua nuova opera di cosa tratta ?
"Il mio secondo libro e' rivolto alle mie montagne e lo ritengo un dovere verso questa terra dei miei genitori. Sapevo di doverlo a loro ed e' stato facile".
Lei e' nata a Milano, quindi questo suo libro e' un po' un viaggio alla riscoperta delle sue radici?
"Direi per mantenerle vive. Perche' i miei genitori mi hanno trasmesso la loro cultura. In casa vivevo la cultura bellunese e poi passavo mesi di vacanza con i nonni, per cui era un attaccamento che e' stato sempre presente. Poi interessarmi del problema delle immigrazioni con l'Associazione ha mantenuto vivo tutto".
Migrazione e immigrazione e' dunque un problema che sente?
"Vivo il problema perche' so cosa significa l'emigrazione con tutti i risvolti positivi e negativi e per tutti i confronti che posso fare per quello che mi e' stato raccontato e che mi ricordo su cosa e' stata l'emigrazione italiana. Argomenti che ho sulla pelle".
Ci troviamo 'in casa' di una paese latinoamericano, c'e' qualcosa che la lega a questo mondo culturale?
"Io penso che sia l'insieme di questo mio libricino, perche' cosi' come io ricordo le Dolomiti, penso per loro sia importante vivere la loro giornata con il ricordo della loro terra, delle loro montagne, del mare e delle citta'. Io ho dei colleghi peruviani, che quando hanno letto il libro mi hanno detto che ricorda la loro esperienza nei confronti del loro vivere la loro terra e la lontananza da essa. Sia uno latinoamericano o di altra etnia, quando si trova all'estero bene o male, chi piu' chi meno, penso che il ricordo per la propria terra lo abbia, percio' leggendo cio' che provo io per la mia, si ritrovano".
La prossima opera?
"Sono stata invitata da una casa editrice a partecipare ad un'antologia che uscira' tra poco e alla quale ho contribuito con un racconto, scritto sotto forma un po' poetica, che parla di un gruppo di ragazzi, molti italiani, alcuni latinoamericani, che sono venuti in un campeggio, per un momento di raccoglimento, per un percorso di riflessione sul mondo cristiano. Io ho scritto quale sia stata l'esperienza di questi ragazzi e uscira' tra poco. Poi ho inviato altri racconti per un'altra casa editrice che pubblichera' un'altra antologia e infine mi sto tenendo qualcosa da parte per me perche' vorrei pubblicare un altro libro tutto mio".
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06 marzo 2011
02 marzo 2011
Alla fontana
ALLA FONTANA
Riecheggiano voci antiche
del narrare di emigrazione
il successo su cocciuta miseria;
canta l’acqua il suo dolor
del dover migrare
in petroso bacino
per sé innaturale giaciglio.
Nuovi volti si affacciano
in narcisistica impresa
sull’acqua ormai inerme,
scossa soltanto da mano curiosa,
dall’acqua in aggiunta:
son visi dai tratti stranieri,
non dal sole imbruniti,
che nell’acqua vedon riflessi
paesaggi lasciati,
sempre nel loro cor impressi.
S’arricchisce quell’acqua
d'acqua salata
da palpebre sfociata:
l’accoglie materna,
del sale ne assorbe il sapore,
confonde nel suo
quell’esser straniero
sino a connubio
in un sol corpo,vero.
Sorride quel viso nell’acqua,
tremulo il villaggio appare alle spalle
dominus dell’intera valle.
Riecheggiano voci antiche
del narrare di emigrazione
il successo su cocciuta miseria;
canta l’acqua il suo dolor
del dover migrare
in petroso bacino
per sé innaturale giaciglio.
Nuovi volti si affacciano
in narcisistica impresa
sull’acqua ormai inerme,
scossa soltanto da mano curiosa,
dall’acqua in aggiunta:
son visi dai tratti stranieri,
non dal sole imbruniti,
che nell’acqua vedon riflessi
paesaggi lasciati,
sempre nel loro cor impressi.
S’arricchisce quell’acqua
d'acqua salata
da palpebre sfociata:
l’accoglie materna,
del sale ne assorbe il sapore,
confonde nel suo
quell’esser straniero
sino a connubio
in un sol corpo,vero.
Sorride quel viso nell’acqua,
tremulo il villaggio appare alle spalle
dominus dell’intera valle.
11 febbraio 2011
invito
Con il patrocinio del Consolato Generale dell’Ecuador a Milano.
Sono lieti di invitarvi alla presentazione dei libri delle Poetesse
NINNJ DI STEFANO BUSÀ E TIZIANA FAORO.
Lunedì 21 Febbraio 2011 alle ore 18:00
Ingresso libero
Via. Vittor Pisani, 9 Milano – c/o sala sede Consolare
(MM3 Piazza Repubblica – Stazione centrale)
INTERVERRANO:
Narcisa Soria Valencia Console Generale dell’Ecuador a Milano
Don Alessandro Vavassori Sacerdote Diocesano di Milano
Guamán Allende Scrittore e poeta.
Evento a cura di Guamán Allende, responsabile della sezione letteratura e vice presidente del CEAC
INTERPRETERANNO MELODIE ECUADORIANE
La soprano americana Barbara Post con l’accompagnamento del maestro pianista
Carlos Verduga.
Sono lieti di invitarvi alla presentazione dei libri delle Poetesse
NINNJ DI STEFANO BUSÀ E TIZIANA FAORO.
Lunedì 21 Febbraio 2011 alle ore 18:00
Ingresso libero
Via. Vittor Pisani, 9 Milano – c/o sala sede Consolare
(MM3 Piazza Repubblica – Stazione centrale)
INTERVERRANO:
Narcisa Soria Valencia Console Generale dell’Ecuador a Milano
Don Alessandro Vavassori Sacerdote Diocesano di Milano
Guamán Allende Scrittore e poeta.
Evento a cura di Guamán Allende, responsabile della sezione letteratura e vice presidente del CEAC
INTERPRETERANNO MELODIE ECUADORIANE
La soprano americana Barbara Post con l’accompagnamento del maestro pianista
Carlos Verduga.
30 gennaio 2011
bimbi
BIMBI
Ho trovato un bimbo,
nel suo cuore mille colori;
ho visto un anziano,
il suo cuore senza colori.
Il bimbo ha dato la mano all’anziano,
l’anziano ha carpito i colori del bimbo:
entrambi sorridono al giorno
a cui han donato i colori.
Resta nel cuore del bimbo,
resta nella mano dell’anziano
il sogno d’amore infinito
per regger tutto l’arcano destino.
Ho trovato un bimbo,
nel suo cuore mille colori;
ho visto un anziano,
il suo cuore senza colori.
Il bimbo ha dato la mano all’anziano,
l’anziano ha carpito i colori del bimbo:
entrambi sorridono al giorno
a cui han donato i colori.
Resta nel cuore del bimbo,
resta nella mano dell’anziano
il sogno d’amore infinito
per regger tutto l’arcano destino.
29 gennaio 2011
bosco
BOSCO
Pedalavo adagio,
percorrendo il sentiero ciclabile fra i boschi imperiali,
riecheggiavano antiche, sommesse risate di giovini donne,
scalpitii di agili cavalcature,
richiami di appassionati cacciatori di prede diverse:
mi persi nei meandri del mio pensiero,
nella gioia della pienezza di un tempo sospeso
fra l’amaro passato e lo splendente avvenire.
Le mille sfumature dell’autunnale fogliame
Fiamme ardenti di passioni celate.
Pedalavo adagio,
percorrendo il sentiero ciclabile fra i boschi imperiali,
riecheggiavano antiche, sommesse risate di giovini donne,
scalpitii di agili cavalcature,
richiami di appassionati cacciatori di prede diverse:
mi persi nei meandri del mio pensiero,
nella gioia della pienezza di un tempo sospeso
fra l’amaro passato e lo splendente avvenire.
Le mille sfumature dell’autunnale fogliame
Fiamme ardenti di passioni celate.
19 gennaio 2011
uomini senza tempo : il mio presidente
Giorni senza fine sembrano i tuoi che trascorri proiettato nell’infinito,
lavorando alacremente a favore dell’uomo.
Da sempre preoccupato di guarire o dare speranza anche al più umile degli ultimi,
hai voluto con tenacia concretizzare la tua disposizione:
mai ti sei lasciato andare di fronte agli innumerevoli ostacoli,
sempre hai reagito confidando nell’aiuto di Colui che tu dici il tuo “Socio di maggioranza”.
Da ogni luogo vengono alla ricerca di cure, tutti rimangono stupiti davanti all’imponenza degli edifici ma, che tocca il loro cuore è l’operosità e l’accoglienza di chi li riceve.
È la tua scommessa di ogni giorno: garantire il meglio a chi si rivolge a te,dando fiducia e parole di speranza a chi collabora con te.
Non lo dici ma, di certo so della tua sofferenza quando scopri l’inganno perpetrato;
non è nel tuo stile gridarlo ai quattro venti: preferisci chiuderti nell’intimità della tua cameretta per parlarne con Colui che ti ascolta davvero.
Quante volte hai dovuto indossare l’abito dell’ufficialità!
Quante volte hai di nascosto suggerito parole d’amore e di perdono a chi nemmeno conosce il senso di rispetto per l’altrui!
Quante volte hai combattuto altero e fiero nel difendere i tuoi ideali!
Hai dovuto forse talvolta cedere e negoziare?
Questo non so.
Di certo so che tu forse non sai quanto, anche coloro che ti sono stati avversari nell’onestà di pensiero diverso, guardano ogni giorno a te e sperano,pregano che tu possa essere faro di luce ancora per lungo tempo.
Vorrei essere con te,anche per una sola volta, al centro della spianata ad osservare uno ad uno ospedale,centri di ricerca, giardini e fontane:
vorrei poterti carpire il pensiero e l’emozione, tenerti sottobraccio per sentire il fremito di sorpresa mai spenta, vorrei saper leggere i tuoi occhi in cui scorrono i visi di chi da te ha ricevuto aiuto.
Soprattutto vorrei narrarti ciò che tu già sai dell’animo umano,
della fatica del vivere e del morire,
dell’assistere chi è in quel travaglio che sconfina fra l’essere e l’essere perfetto ,
accolto comunque ed accompagnato dal tuo essere pensiero attento e preoccupato.
lavorando alacremente a favore dell’uomo.
Da sempre preoccupato di guarire o dare speranza anche al più umile degli ultimi,
hai voluto con tenacia concretizzare la tua disposizione:
mai ti sei lasciato andare di fronte agli innumerevoli ostacoli,
sempre hai reagito confidando nell’aiuto di Colui che tu dici il tuo “Socio di maggioranza”.
Da ogni luogo vengono alla ricerca di cure, tutti rimangono stupiti davanti all’imponenza degli edifici ma, che tocca il loro cuore è l’operosità e l’accoglienza di chi li riceve.
È la tua scommessa di ogni giorno: garantire il meglio a chi si rivolge a te,dando fiducia e parole di speranza a chi collabora con te.
Non lo dici ma, di certo so della tua sofferenza quando scopri l’inganno perpetrato;
non è nel tuo stile gridarlo ai quattro venti: preferisci chiuderti nell’intimità della tua cameretta per parlarne con Colui che ti ascolta davvero.
Quante volte hai dovuto indossare l’abito dell’ufficialità!
Quante volte hai di nascosto suggerito parole d’amore e di perdono a chi nemmeno conosce il senso di rispetto per l’altrui!
Quante volte hai combattuto altero e fiero nel difendere i tuoi ideali!
Hai dovuto forse talvolta cedere e negoziare?
Questo non so.
Di certo so che tu forse non sai quanto, anche coloro che ti sono stati avversari nell’onestà di pensiero diverso, guardano ogni giorno a te e sperano,pregano che tu possa essere faro di luce ancora per lungo tempo.
Vorrei essere con te,anche per una sola volta, al centro della spianata ad osservare uno ad uno ospedale,centri di ricerca, giardini e fontane:
vorrei poterti carpire il pensiero e l’emozione, tenerti sottobraccio per sentire il fremito di sorpresa mai spenta, vorrei saper leggere i tuoi occhi in cui scorrono i visi di chi da te ha ricevuto aiuto.
Soprattutto vorrei narrarti ciò che tu già sai dell’animo umano,
della fatica del vivere e del morire,
dell’assistere chi è in quel travaglio che sconfina fra l’essere e l’essere perfetto ,
accolto comunque ed accompagnato dal tuo essere pensiero attento e preoccupato.
05 gennaio 2011
TRAMONTO
Mio Dio, mio Signore,
alzo gli occhi da quel piatto in cui ho appena sminuzzato il cibo e mi guardo attorno:
carrozzine su cui giacciono corpi parzialmente inanimati,
spalle curve che sostengono capi canuti dai visi inespressivi,
solo barlumi di interesse negli occhi che cercano disperatamente persone familiari;
girelli di varia fattura e colori parcheggiati accanto alle pareti, identificati con cartelli su cui è scritto a caratteri cubitali il nome dell’utente;
resti di fisici aitanti accartocciati nelle pose più strane sulle sedie, intrappolanti scampoli di intelletto appena sufficienti a borbottare i propri bisogni.
L’aria impregnata dal puzzo incancrenito di pannoloni intrisi degli umori corporali.
Tutt’intorno personale distratto si muove alacremente gustando l’ormai prossima fine del turno,parlottano fra loro in una babele linguistica che esclude volutamente i presenti.
I vari messaggi rivolti agli utenti che annullano l’identità e la singolarità di ognuno,
negano il ruolo ed il riconoscimento sociale meritatisi in un tempo che non è più...
Signore, mio Dio: ognuno di loro è una tua creatura!
Nel viso di ciascuno cerco tracce del loro essere stati uomini e donne apprezzati e riconosciuti per il loro impegno: tutto sembra svanito, tutto annullato dal tempo impietoso che ha cancellato la voglia e l’estro del dipingere,
la voce limpida e musicale,
la capacità di articolare passi di danza,
la loquacità conquistatrice ed ammaliante.
Signore,mio Dio: sono uomini e sono donne che tu hai dotati di ingegno diverso ed unico,
sono persone, Signore, sono persone come lo sono oggi io che li osservo ed in loro posso vedere il mio possibile futuro.
Padre, che sofferenza scorrendo lo sguardo da uno all’altra, sorridendo loro mentre cerco di invogliarli a nutrirsi ancora,
quanta ipocrisia nel parlare e prospettare un giorno migliore,
quanta amarezza assaporo immaginando comprendano il loro essere vittime impotenti alla mercé delle decisioni altrui!
Nel frastuono di note musicali non appartenenti alla nostra cultura, sottobraccio a persone sconosciute i cui gesti e smancerie affettuosi sprizzano viscidità bugiarda ed opportunista li guardo mentre lasciano la sala:
Signore, ai loro letti affideranno le membra stanche; a chi affideranno la loro vita?
alzo gli occhi da quel piatto in cui ho appena sminuzzato il cibo e mi guardo attorno:
carrozzine su cui giacciono corpi parzialmente inanimati,
spalle curve che sostengono capi canuti dai visi inespressivi,
solo barlumi di interesse negli occhi che cercano disperatamente persone familiari;
girelli di varia fattura e colori parcheggiati accanto alle pareti, identificati con cartelli su cui è scritto a caratteri cubitali il nome dell’utente;
resti di fisici aitanti accartocciati nelle pose più strane sulle sedie, intrappolanti scampoli di intelletto appena sufficienti a borbottare i propri bisogni.
L’aria impregnata dal puzzo incancrenito di pannoloni intrisi degli umori corporali.
Tutt’intorno personale distratto si muove alacremente gustando l’ormai prossima fine del turno,parlottano fra loro in una babele linguistica che esclude volutamente i presenti.
I vari messaggi rivolti agli utenti che annullano l’identità e la singolarità di ognuno,
negano il ruolo ed il riconoscimento sociale meritatisi in un tempo che non è più...
Signore, mio Dio: ognuno di loro è una tua creatura!
Nel viso di ciascuno cerco tracce del loro essere stati uomini e donne apprezzati e riconosciuti per il loro impegno: tutto sembra svanito, tutto annullato dal tempo impietoso che ha cancellato la voglia e l’estro del dipingere,
la voce limpida e musicale,
la capacità di articolare passi di danza,
la loquacità conquistatrice ed ammaliante.
Signore,mio Dio: sono uomini e sono donne che tu hai dotati di ingegno diverso ed unico,
sono persone, Signore, sono persone come lo sono oggi io che li osservo ed in loro posso vedere il mio possibile futuro.
Padre, che sofferenza scorrendo lo sguardo da uno all’altra, sorridendo loro mentre cerco di invogliarli a nutrirsi ancora,
quanta ipocrisia nel parlare e prospettare un giorno migliore,
quanta amarezza assaporo immaginando comprendano il loro essere vittime impotenti alla mercé delle decisioni altrui!
Nel frastuono di note musicali non appartenenti alla nostra cultura, sottobraccio a persone sconosciute i cui gesti e smancerie affettuosi sprizzano viscidità bugiarda ed opportunista li guardo mentre lasciano la sala:
Signore, ai loro letti affideranno le membra stanche; a chi affideranno la loro vita?
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