25 agosto 2017

"CHE RIDERE!"

Era l'intercalare più ricorrente nei miei discorsi di adolescente: Lo era anche delle mie amiche. Mia mamma non sopportava la mia fragorosa risata, ogni suo tentativo di educarmi a ridere sottovoce, a labbra appena dischiuse, fallì miseramente. Ho continuato a ridere fragorosamente nonostante il passare degli anni e la mia risata ben presto divenne una mia caratteristica. I miei pazienti, ancor oggi, talvolta quasi timorosi di offendermi, mi dicono di sapere del mio arrivo dall'udire la mia inconfondibile risata. Loro non sentono il precedente "che ridere!". Grazie a Dio, ho combinato un sacco di guai ma non ho mai avuto la necessità di assumere sostanze psicotrope per essere allegra: nonostante le difficoltà, la vita mi è sempre piaciuta e la voglia di allegria non mi è mai mancata.
In questi giorni di ferie, ho avuto modo di osservare meglio tanti giovani  impegnati in lavoretti temporanei, di stagione, quali il servire ad un bar, al banco di un supermercato: non sorridono, non ridono nemmeno se tenti di sollecitarli con una battuta. Forse non sono sufficientemente giovane per essere presa in considerazione? La loro espressione tesa, imbronciata non cambia nemmeno con i loro coetanei. Perchè non sorridono, quei giovani? Cosa non abbiamo saputo trasmettere loro, noi adulti?

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