27 dicembre 2015

LETTERA APERTA AL NUOVO ANNO

Sei cresciuto nel grembo d’ogni creatura dando segni del tuo arrivo in una ruga, nel dente spuntato ed in quello caduto, nel capello argentato e nel viso tirato dal dolore imprevisto o reso paonazzo dall’evento sognato,desiderato. Ti abbiamo nutrito d’ogni sospiro mentre del tuo fratello sopportavamo dell’umore ogni balzello, mostrando sorrisi, nascondendo litigi, a passo veloce correndo qua e là per gustare la vita chè, doman non si sa. Incinta, prossima al parto la nostra sorte ti sta plasmando, forse truccando perché nel tuo avvento tu sia seducente e ognuno cada nel tuo spirito accattivante. Ecco, perciò la festa a te riservata vien meticolosamente organizzata, peccatore sarà colui che a te non renderà ogni onore mentre tu, simile ad ogni altro tuo passato fratello, distribuirai sia beni che guai. Come giocattolo fra le mani di un bimbo insoddisfatto sarai anche tu, alla fine, accantonato. Non all’uomo ma, a te ogni augurio dovrà essere riservato! Ti sopporti ogni creatura prendendosi di te cura, ogni giorno onorandoti vivendo del tuo Creatore il quotidiano comandamento fino a che Dio il Suo piano porti a compimento!

22 dicembre 2015

ATTI DI MISERICORDIA?

Un tempo, nello scorso secolo intorno agli anni '60, era consuetudine che i titolari dei negozi presso cui solitamente si faceva la spesa a Natale offrissero un piccolo omaggio alla clientela. Nessun cliente criticava il contenuto, tutti apprezzavano il gesto, i bambini in particolare si divertivano un mondo ad aprire quei semplici pacchettini che suscitavano tanta curiosità. La mattina del 6 gennaio a Milano, a tutti gli incroci stradali gestiti dai "Ghisa", i vigili urbani, sulle loro pedane facevano bella mostra pacchi dono, semplice gesto di riconoscenza dei cittadini verso i loro tutori dell'ordine e della sicurezza. Nessuno osava toccare un solo regalo, tutti ammiravano con soddisfazione ritenendo fosse un dono più che meritato. Anche i datori di lavoro, chi più, chi meno, erano soliti prodigarsi in un dono per i loro dipendenti. Da due giorni sto trafficando in cucina su richiesta di mio marito: sto cimentandomi nell'arte a me non troppo familiare di cucinare dolci. Ho scelto di preparare i nostri tradizionali, zelten e strudel che mio marito porterà al lavoro per festeggiare con i suoi "ragazzi" il Natale. Sono "ragazzi" speciali, i suoi: persone comunemente identificate come "disabili", istituzionalizzate già nei primi anni della loro vita la cui famiglia, spesso e volentieri, sono l’istituto che li ospita e gli operatori che li assistono. Sono “ragazzi” speciali che non conoscono giochi politici e crisi economiche , si fidano di chi è loro accanto, donano sorrisi ed affetto sinceri senza dubitare mai di essere traditi da nessuno. A loro,residenti in una struttura cattolica, viene insegnato il catechismo; ai più capaci è dato di essere personaggi delle recite natalizie, a loro si insegna ad amare il prossimo e ad essere generosi con chi ha più bisogno. Amano i frati , titolari della catechesi, conoscono e rispettano il Monsignore Presidente dell’Istituto. Qualcuno ha capito che una delle porte di accesso della loro “abitazione” è stata scelta quale “porta santa” in occasione del Giubileo della Misericordia. Loro non sanno dei molti debiti accumulati dall’
Istituzione, non leggono turni e contratti di lavoro: per loro Natale è una festa e si aspettano di festeggiare. La Direzione sa che è Natale, sa che i ragazzi aspettano di festeggiare e chiama i dipendenti a celebrare il giubileo della Misericordia. Eccomi dunque in cucina, a trafficare. Lo faccio più che volentieri per quei “ragazzi” speciali, di cui ho dei ricordi di generosità bellissimi ma, mi scusi Presidente, in merito alla “misericordia” … evitiamo di prenderci reciprocamente in giro.

07 dicembre 2015

SA ELO STO NADAL

Sa elo sto nadal Sa elo sto nadal osà te le piazhe iluminà par schei in tant che te le strade se mor sofegai ,schinzhai da le bale che i te conta e le deventa s'ciopetae, bombe, fusilae? I te tegn ceo, Signor, i omeni che de Ti i vol far quel che i vol, mes in cros prima ancora che te la cuna, i Te mena in giro, par de qua e par de là senzha 'n fil de pietà parchè tel cor no i ghen à e co i oci sarai a la verità, le rece sorde al To parlar i vol contar sol che la so bontà ! Sa elo sto nadal senzha gnanca 'n tosatel che el pose par Ti cantar 'n nono che el Te pose insegnar, 'na nona che la pose Ti pregar? Sa elo sto nadal da viver de scondon, temp robà al corer drio a salvar le tradizhion? Manco mal, Signor, che 'n dì Ti me è spiegà che Ti no ti si nè de qua,nè de là dopo che mort Ti si resuscità e Ti vivi te l'eternità! Ogni to fiol l'à el To nadal che l'è quel dì che a Ti el se à donà. (traduco: cos’è questo natale, urlato nelle piazze, illuminato per speculazione mentre nelle strade si muore soffocati,schiacciati dalle menzogne che diventano spari, bombe,fucilate? Ti mantengono bambino,Signore, gli uomini che vogliono fare di Te la loro volontà,messo in croce prima ancora che nella culla, Ti portano in giro di qua e di là senza un filo di pietà poiché loro stessi non ne hanno e con gli occhi chiusi alla verità e le orecchie tappate alla Tua parola vogliono narrare solo la loro bontà! Cos’è questo natale, senza nemmeno un bimbo che possa per Te intonare un canto, un nonno che possa insegnare di Te, una nonna che possa pregare Te? Cos’è questo natale da vivere di nascosto, tempo rubato al tentare di salvare la tradizione ? Meno male , Signore, che un giorno tu mi hai spiegato che Tu non sei né qua, né là dopo che da morto sei resuscitato e vivi nell’eternità! Ogni tuo figliolo ha il Tuo Natale nel giorno in cui a te si è consacrato.)

RIFLESSI - Tiziana Faoro

09 ottobre 2015

VAJONT, 52 ANNI COME IL PRIMO MINUTO

Ghé quei ani che i pasa e i te asa tel cor sempre el stes dolor. L'è come se quel'egua l'avesse scoà via el temp par far viver tuta la to dent, polver ormai che la se leva tel vent a contar la cativeria sconta te foresti busieri par 'n mucio de schei. (traduzione: ci son anni che trascorrono lasciandoti nel cuore un dolore invariato. E' come se quell'acqua avesse spazzato via il tempo per far vivere tutte le vittime,polvere ormai che si leva nel vento a memoria della cattiveria celata in gente straniera bugiarda per un mucchio di soldi)

02 ottobre 2015

Antologia ed audio

BUONGIORNO !

Or l'astro di luce riflessa splendente , dello scader del tempo suo sa del sopraggiunger il momento. Ultimo saluto all'occhio attento volge nello spegner il riflettore nel cielo scuro, poco più in là scorgendo il signor della luce fonte a cui, con rispettoso inchino, va a lasciar il trono del giorno già vicino.

23 settembre 2015

Tra la sera e la matina Ti,Signor, ti si el me Consolator

Intant che son drio cusinar, netar casa,stirar e lavar co Ti borboteu i me tort, le me reson e Ti , che no ti te strachi de scoltarme, ti speti che me pase la boiura par spiegarme,insegnarme, farme ragionar. Ti si l'unico, Signor, bon de darme calma, de spegner el fogo che ardea te el me zharvel e mi no pos far altro che dirte "Grazhie,Signor! Anca ancoi ti me è tirà fora da tute le me preocupazhion!". Vau tel let contenta, la not ,el doman tut las te le to man.
Met do 'n piè dal let co 'na musica tel cor, la mà fat compagnia tuta not, lè cantava par el nostro Signor. Leu su, me lau e me vestis, el laoro, mi el se, el sarà manco dur co Ti, Signor, che ti fe par mi quel che mi no son bon.

21 settembre 2015

L'E' VODO

L'è vodo. Anca l'ultimo ti l'è svodà tut de 'n fià par impignirte el vodo che nol te à molà. Vodo de n'ombra, vodo del viver se schinzha el stomeg desperà in tant che l'ocio el se sara sul dì de festa che te la botiglia ancora ghen resta. (traduzione: è vuoto. Hai vuotata anche l'ultimo (bicchiere) in un sorso solo tentando di colmare il vuoto che non ti ha abbandonato.Vuoto di un'ombra di vino,vuoto del vivere si contrae lo stomaco preso da disperazione mentre l'occhio si chiude al giorno di festa di cui lasci traccia ancora nella bottiglia)

LA SOTTOVESTE

All'improvviso ti accorgi che la signora vaga vestita di sola sottoveste nera con l'orlo di pizzo nero. Non credi ai tuoi occhi , sei senza occhiali, perciò sfidi l'olezzo di giorni d'astinenza da acqua e sapone e ti avvicini ancora un po' a lei che si avvia verso la porta, borbottando perché sollecitata a lasciare la camera di degenza ove vivono suo figlio ed un altro paziente e lei vi bivacca nonostante i ripetuti solleciti a lasciare almeno di notte il figlio in pace e gli infermieri liberi di fare assistenza,ma ogni speranza di errore è vanificata anche dalla trasparenza che aggiunge spettacolo allo spettacolo. "Signora, dove va vestita della sola sottoveste? Va bene tutto ma,siamo in ospedale!". Allunghi il passo senza attendere la sua risposta,hai ben altro da fare, ti insegue il suo borbottio in vernacolo a te incomprensibile mentre cerchi di mettere in giusta sequenza di priorità i concetti di dignità della persona, rispetto per le altre persone, regole ospedaliere,tolleranza e compassione. Sei ancora alle prese con i tuoi ragionamenti senza soluzione quando, passandole accanto ti senti apostrofare: "lei è troppo nervosa, non può fare questo mestiere". Sorridi e non le racconti di quei minuti appena trascorsi tenendo fra le tue la mano di suo figlio che inaspettatamente ha teso verso te, silenziosa richiesta che nemmeno i suoi occhi penetranti hanno saputo spiegare alla quale hai posto rimedio raccontandogli: "sai, ho fatto arrabbiare tua mamma perché va in giro in sottoveste" strappandogli uno dei suoi rari sorrisi.

18 agosto 2015

DRIO EL CANTON

Signor, son vegnesta al mondo co Ti ti è volest e saludarè 'sta tera co Ti ti volarà. Te tut el me creser, far e procrear, co tuta onestà, pos dir de no averte mai negà. Paraltro non lé che sie 'na santa che no là mai pecà, de difeti Ti sè quanti la to tosa la ghen à ma, te tut sto dafar, Signor, de pregar è sempre zhercà par contarte, maresiafate, tute le me malefate e ogni olta spetar misericordia e tirava de rece scansar. Signor, co tut el me ciacolar no voi desmentegar de domandarte grazhia che co Ti la me fae restar: iuteme,par piazher, parchè pose te la vita de veciota pareciarme a patir dolor senzha mai contro de Ti revoltarme ma,sempre,par tut el ben che sempre Ti m'è fat, creder te la To man pronta dal pantan a tirarme fora. El me ocio nol se scurte, la me memoria no la se stravie, i os e la me carne sempre i seppie che la so fin lè drio el canton parecià da l'Unico Paron.

16 agosto 2015

SIMBOLI DI PACE

eccolo,eccolo il simbolo della pace fra Dio e gli uomini! Già: gli uomini hanno tessuto drappi con i medesimi colori per invocare la pace fra i popoli eppure,fino ad ora il loro simbolo ha fallito. Forse perchè hanno tralasciato un passaggio, ovvero di aver fatto pace prima con Dio?

PIOGGIA

Attendevano l'ordine di rovesciare pioggia a catinelle dalla grigia nuvola capobranco, la più anziana, riconoscibile dal civettuolo ciuffo bianco...

FERAGOSTO

Su la tola le fete de anguria comprava al banchet co i dolari de le meriche mandai dai fioi emigrai. Lori che i scriu che i à fat fortuna ma tel cor ghe resta quel dì che i pasava in fameia, tuti a tola col campanil el batea el medodì, sol che 'n luso par tuti, la feta d'anguria. Se la magna, tegnesta in fresca te la zhisterna, i dent i morseghea la polpa dolzha e rosa, el stomeg el se strend là,te la pampa, fra i bosc e le montagne, le pianure e el mar che i toi de casa i se à ciapà. Se s'ciupa le garnele, no se pol s'ciupar el dolor. (traduzione: Ferragosto: sulla tavola le fette di anguria comperata al mercato con i dollari mandati dalle americhe dai figli emigrati. Loro raccontano di aver fatto fortuna, ma nel cuore resta loro quel giorno che trascorrevano in famiglia, tutti a tavola allo scoccare del mezzogiorno, un unico lusso per tutti la fetta di anguria. La si mangia,tenuta al fresco nella cisterna, si affondano i denti nella polpa dolce e rossa,lo stomaco si chiude nel ricordo della pampa,dei boschi e delle montagne, della pianura e del mare che si sono presi parte dei familiari. Si sputano i semi,non si può sputare il dolore.)

06 agosto 2015

GRAZIE !

Grazie! Ti abbiamo abbracciato con tutto l’affetto di cui siamo capaci mentre varcavi la soglia della nostra chiesa, per la prima volta senza fra le tue la mano della tua compagna di vita, moglie e madre e sorella di noi tutti esemplare: ognuno di noi ha di che ricordare e raccontare la sua,vostra vicinanza nei nostri momenti di gioia ma, soprattutto in quelli di difficoltà. Il vostro incoraggiamento, il vostro parlare è sempre stato all’unisono l’insegnamento a credere in Dio, a rivolgerci a Gesù quale nostro unico mediatore al Trono della Grazia, cantando le lodi a Lui nella certezza della Sua giustizia, del Suo intervento. Sempre. Con costanza,con certezza,con amore. Con passo fermo e deciso, a testa alta,da solo hai percorso fra due ali di fratelli, di cui sentivi la sincera partecipazione al tuo dolore, il corridoio che ti portava in prossimità del pulpito, a fianco del feretro della tua amata: intorno il silenzio. Mi è scappato l’occhio alle tue mani : la mano che di solito stringeva quella di tua moglie, non era vuota . Tu avanzavi stringendo in essa il fondamento del vostro amore, della vostra vita: la parola di Dio, la Bibbia ed io non ho potuto fare a meno di ringraziarti, fra me e me, per quella tua ulteriore testimonianza di fermezza in Cristo. Quanto grande è, il nostro Signore!?! Chi è pari a Lui nel soccorrerci ,nel consolarci, nell’amarci? Beato l’uomo che in Lui confida ! Noi viviamo la certezza di una vita senza fine ed aspettiamo sereni il tempo di incontrarci tutti di nuovo nella gloria del nostro Dio Padre.

Storie di città: IL MARCIAPIEDE TRISTE

Anche i marciapiedi di città che noi calpestiamo incuranti donando loro continui sbuffi d'aria intrisa del profumo d'asfalto soffrono dell'aridità a cui sono costretti. Uno di loro, in un angolo poco trafficato della periferia cittadina, già depresso dal solo fatto di non essere un luogo di passaggio signorile ma, molto più di frequente, territorio annaffiato dai liquidi biologici di animali e di umani (ahimè!) spesso piangeva la sua amara sorte,certo dell'indifferenza generale. Un anonimo passerotto,venutosi a posare in cerca di qualche briciola di cui nutrirsi,captò quasi per caso il lamento di quel tratto di marciapiede dissestato: colpito e scosso dalla sofferenza neppure immaginabile di quel terreno puzzolente, non rimase indifferente. Non avendo nulla da donargli, in segno di affetto vi posò fra le crepe un tenero bacio d'affetto prima di volarsene via,raccolta la sua preziosa merenda. Il marciapiede non capì per giorni quello strano turbinio nelle sue viscere, a tratti davvero fastidioso e preoccupante per quel deformarsi del suo aspetto che avvertiva inevitabile e già metteva in conto gli ulteriori maltrattamenti di cui i passanti sarebbero stati prodighi nei suoi confronti! Non capì nemmeno tanto rapidamente perchè il suo colorito al sole uniformemente grigio, poco a poco assumesse uno strano aspetto discromico tendente al verde e, qua e là si creassero i giochi d'ombra! Fu l'arrivo di un'ape a spiegargli la bellezza e l'originalità del suo nuovo aspetto mentre passando da un punto all'altro della corolla di quello splendido fiore gli raccontava della magia nata dal bacio di un passerotto, fu l'attenzione di un bimbo sorpreso per quel fiore inatteso a donargli il giorno più bello! Felice quel triste marciapiede di periferia ritrovò la ragione di abitar quella via.

28 luglio 2015

Storie di paese: ANGOLI NASCOSTI

sapeva l'alberello di non passare inosservato, postato all'incrocio di vialetti ove ancora frammenti di roccia sopportavano i passi di pochi passanti, sapeva di poter vivere tranquillo, protetto dalle antiche mura ora silenziose e tristi non risuonando più dei canti infantili dei bimbi, del discorrere degli adulti e con cuore generoso rifioriva in continuo tentando di allietare mura e persone...

L'AQUILONE

Già il ricordo di sogni giovanili avanzava nei miei occhi e nei miei pensieri,mentre passeggiavo nel bagnasciuga chiacchierando di altro con la nuova amica, rinfrescando la memoria di giorni di mare e più ancora di notti in Valmorel,montagna delle mie montagne, trascorse a preparare giochi e materiale per la realizzazione di aquiloni con cui far sognare l’allegra masnada di bambini per la prima volta in terra d’origine dei genitori, già rivivevo quella strana sensazione di un gioco di cui non ero esperta ma, ammiravo l’evoluzione nel cielo dell’infinito a me caro piacevolmente sorpresa dal suo volteggiare di cui, credevo, i bimbi digitali non sapessero nemmeno l’esistenza quando, distratta dal ciarlare, distolsi lo sguardo da quel fragile oggetto, che credevo sapientemente manovrato affinchè mantenesse la corretta rotta di volo e mi dedicai ad altro. Sole oltremodo abbronzante, mare dalle acque così calde da essere vissuto quasi con fastidio, incapace di refrigerare nuotate esperte o appena accennate, spiagge per lunghi tratti solitarie colorate da ombrelloni oziosi, scossi a tratti da un tentativo di brezza, il piacevole diffondersi della caratteristica parlata veneziana nella cui melodia culli il tuo sorriso frequentemente interrotto da ambulanti di etnie orientali o africane carichi di ogni genere di prodotto: neanche più apri un occhio, rispondi “no, grazie “ a priori e metti ad arrostire quella parte di corpo non ancora adeguatamente ustionato. Ti osservo mentre cerco di ascoltare la voce del mare,il suo mormorio nell’infrangersi sulla riva in piccole onde avrà pur qualcosa da dirmi, aquilone elegante nella semplicità delle tue ali bianche che ti frapponi fra me ed il sole solo per alcuni momenti, in evoluzioni simili ad un inchino non so se al sole o a chi ti ammira e mi chiedo se anche tu voglia raccontarmi di te, delle mani di chi ti fa veleggiare. Non sei solo, mi accorgo all’improvviso: al tuo seguito un aquilone tutto colorato in compagnia di un altro simile e poi un altro ancora in bel ordine e poi eccone ancora uno! Seguo la parabola discendente del corteo sino all’incrocio con gli ombrelloni: improvvisamente una sagoma di giovane uomo prende forma, un giovane uomo africano il quale stancamente traina gli aquiloni in vendita. Mi coglie una sottile amarezza,forse melanconia, mentre mi chiedo se quel giovane sappia di sogni, giochi, fantasie custoditi in quei fragili oggetti di cui ora sogno si veda l’ombra nel cielo della sua terra, messaggio per la gente, per sua mamma, del suo stentato vivere in una terra sperata accogliente e generosa.

16 luglio 2015

Storie di paese: ANDAVAMO IN PALESTRA ( E NON LO SAPEVAMO)

Andavamo in palestra ( e non lo sapevamo) Non è insolito, nelle soffitte e nei sotto scala delle case di montagna, abitazioni di gente dal carattere forte,poco espansiva, abituata a sacrifici e lavori simili alle loro crode per durezza e scarse ricompense, ritrovare attrezzi e strumenti di lavoro adatti, per grandezza o capienza, ai bambini di casa. Sino a qualche decennio fa, il concetto dello “sfruttamento dei minori “ non era ancora stato elaborato; i bambini venivano coinvolti dagli adulti nelle loro attività perché, loro,come genitori o nonni, avvertivano la responsabilità di formare la loro progenie alla realtà difficile del vivere quotidiano inteso come fattiva collaborazione e condivisione, non scalata al successo individuale. Certo, i bambini avrebbero preferito trascorrere più tempo giocando fra loro, allora andavano ancora di moda le camminate nei boschi e le spanciate di frutta colta dagli alberi, tuttavia non disdegnavano le vendemmie piuttosto che la raccolta dei fagioli quando,con loro, vi erano i loro amici con i genitori, a loro volta amici dei loro genitori. Forse non era ancora molto diffuso il concetto di “socializzazione” ma, in quelle case antiche,nelle stalle o nelle “casere” la “socializzazione” era garantita. Anche i piccoli o le bambine che arrivavano dalla città, ove i figli degli anziani erano emigrati per cercar lavoro, venivano educati secondo tradizione e, per loro, era un onore poter aiutare i nonni e gli adulti in quelle che, ai loro occhi, erano strane faccende e non si aspettavano alcuna particolare ricompensa o riconoscimento: il tutto era semplicemente naturale,rientrava nell’ordinamento di quel genere di vita povera e genuina. Il veloce progresso economico, il diffondersi dell’istruzione e della cultura con i suoi nuovi, evoluti parametri di sviluppo psicofisico del bambino e la definitiva condanna dell’approccio psicopedagogico della tradizione rurale, interruppero improvvisamente quel sano tramandare le tradizioni: i nonni sbigottiti vennero messi a tacere dai loro figlioli, genitori al passo con i tempi i quali abbracciarono senza se,senza ma, le nuove teorie educative : niente lavoro per i piccoli, troppo alto il rischio di “sfruttamento”! I nonni riposero, non senza qualche borbottio, i vecchi attrezzi per i bambini nelle soffitte e nei sotto scala delle case profumate di storia, certi che i tempi, prima o poi, sarebbero cambiati. Così non è ancora: i nostri figli ed i nostri nipoti ormai sono assuefatti alle palestre di ogni genere, utilizzano meglio il computer della penna stilografica ( qualcuno non sa nemmeno cosa sia una stilografica) , viaggiano in aereo raggiungendo in poco tempo ogni angolo del mondo, non importa se delle persone incontrate non ricordano nemmeno il nome: bisogna correre, bisogna primeggiare. I racconti dei nonni,raramente si ricordano e tu, ormai sulla via della vecchiaia, ti volti indietro, Sali in soffitta e recuperi quegli attrezzi custoditi con cura: è fatica pura utilizzarli! Senza accorgertene ti sorprendi a ragionare in merito a quanti muscoli siano coinvolti nell’arte di pulire le scale di legno con spazzola di saggina,straccio e secchi d’acqua ,da portare su e giù per riempirli e vuotarli dell’acqua, quante Kcal tu stia bruciando. Sorridi : mai avevi visto in quella normale attività di vita quotidiana, tipica della tradizione rurale, una rudimentale ma , quanto mai efficace palestra! Sorridi ancora di più e rivolgi un particolare pensiero al tuo personal trainer : tua nonna, ruvida donna di montagna dalle espressioni affettive centellinate e sempre misurate.

15 luglio 2015

CHI VUOI CHE INTERCEDA PER TE ?

“Ciao, sono io, senti: ho bisogno di un grosso favore, la dr.ssa ha detto che mi fa fare il day hospital ma, io non riesco a telefonare per stabilire la data..” “Scusa, io sono in ferie!” “Ah caspita, e adesso come faccio!?!” “Io non posso far niente se non darti i numeri di telefono..” Cerchi comunque di intercedere per quella persona che con tanta sicurezza si è rivolta a te certa del tuo intervento e tu non vuoi deluderla. Un episodio come tanti altri,di cui non riporteresti una sola riga se non ti turbasse una riflessione,sempre la stessa, udita in tv da parte di un giornalista in merito all’intercessione di Maria, della Maria madre di Gesù ,fondata sul miracolo alle nozze di Cana. Torni a leggere una volta ancora il testo dell’episodio riportato nel vangelo di Giovanni, esamini il comportamento di Maria e, non trovi il comportamento di intercessione che molti vogliono attribuirle. Maria ha fatto notare a Suo Figlio che il vino era finito (come se Gesù non lo sapesse!) esprimendo un comportamento tipicamente umano al quale Gesù rispose richiamandola a mantenere il suo ruolo. Maria consigliò ai servitori “fate tutto quello che vi dirà”; non è scritto che siano stati i servitori a chiedere a Maria se potesse chiedere aiuto a Gesù. Il rimandare i servitori a Gesù,mi pare un personale atto di fede di Maria in Gesù: lei sapeva che tutto a Lui era possibile. Gesù non ha potuto sottrarsi alla fede di Maria ed è intervenuto. L’episodio per me è un chiaro esempio di come sia il rapporto personale di ognuno di noi con Gesù: noi gli diciamo il nostro problema, lo deponiamo ai suoi piedi perché sappiamo che solo Lui può risolverlo ed il Signore,vedendo la nostra fede,opera. Un rapporto personale,diretto , senza intercessione di alcuno.

09 luglio 2015

storie di paese: QUANDO IL CAMPANILE TACE

Quanto il tessuto sociale sia cambiato nel piccolo paese, incredibile ma,vero, può essere verificato osservando il campanile: le due foto scattate ieri, 8 luglio 2015,sul finire del temporale che danni stava facendo in altra zona del Veneto,e questa sera,9 luglio , mostrano senza alcun dubbio una immobilità che,almeno per una persona, è stato motivo di ritardo sul lavoro. Mia mamma, quando noi giovani brontolavamo perchè le campane di domenica,anche d'estate, iniziavano a suonare a distesa alle ore 7.00 del mattino per annunciare la prima messa, non mancava di ricordare i suoi tempi di gioventù quando, sua nonna svegliava lei e le sue sorelle alle ore 5.30 perchè arrivassero puntuali alla prima messa, ore 6.00. Mia nonna, guardava sempre al campanile quando gli uomini di casa erano nei campi a lavorare per portare loro la merenda di metà mattina mentre gli uomini tutti si rialzavano dal terreno in coltivazione al primo rintocco della campana del mezzogiorno e dei vesperi la sera. Nessuno metteva mai in discussione l'ora indicata dall'orologio del campanile,dotato di rintocco musicale a scoccare i 60 e 30 minuti., tutti gli orologi di casa venivano regolati con quello. Anche il sagrestano, membro più che attivo della comunità,sapeva e condivideva quell'abitudine perciò, quando le lancette dell'orologio del campanile per qualche incomprensibile ragione smettevano di scorrere,era sua premura urgente di chieder l'intervento di chi sapesse rimettere in funzione l'orologio seduta stante placando lo sgomento dei paesani che si sentiva appesantire l'aria. Ora son più di 24 ore che l'orologio se ne sta immobile,silenzioso,colpevole del silenzio delle campane e nessuno,tranne la persona di cui ho scritto,pare, soffra del forzato silenzio. Peccato!?!

08 luglio 2015

storie di paese: L'ADDIO AL NUBILATO

Succede così: mentre ancora hai nelle orecchie il rintocco di quel Ave Maria di cui cerchi conferma ( si sa mai che ti sbagli,in fondo da queste parti ci capiti di tanto in tanto) vieni stordita da un corale grido gioioso dalle tonalità solo femminili provenienti da uno dei bar del centro di quel modesto paese più propenso al silenzio che agli schiamazzi. Ti guarda perplesso tuo marito e subito spieghi secondo la tua logica :" considerato che abbiamo assistito ad alcune scene dell'addio al celibato,non possiamo escludere sia ora in corso l'addio al nubilato!".La motivazione condivisa sottovoce con un ironico commento è subito confermata dal materializzarsi di un nugolo di giovini donne dall'abbigliamento volutamente simile e dalle chiome nascoste sotto un bel cappello rosa le quali a voce sempre più alta intonano il loro "viva viva la sposa" con l'evidente proposito di coinvolgere ed attirare l'attenzione di più persone possibili. Ti saresti limitata ad osservare il loro momento irripetibile di euforia se l'improvviso temporale del tardo pomeriggio non avesse cospirato nel creare la necessaria soluzione di un riparo di fortuna in condivisione: il bar raggiunto da te con tuo marito per un aperitivo , consuetudine solo del vostro periodo feriale. Si sa : in un paese ove il rintocco della quindicesima ora del giorno è più frequente dello scampanio per un matrimonio, tutti son pronti a fare festa, il clima si surriscalda,tu fotografi, t’invitano ad unirti “venga,venga,signora,venga con noi !”. Lanci un’occhiata d’invito a tuo marito,maschietto discreto rimane in disparte , sorseggi prosecco ed assaggi maliziosi biscottini, una mano sconosciuta posa il cappello rosa sulla tua testa. Attorno altri attempati signori con negli occhi la malinconia per un loro tempo che fu, tuo marito prende coraggio e si unisce. Fotografa. Siete , vi sentite accolti. Si stappa altro prosecco,insieme gridate “viva, viva la sposa!” , una damigella ti chiede “di dov’è,signora?” e tu orgogliosa puoi dire della tua lontana parentela con lo sposo mentre tuo marito lo vedi sussurrare alla sposa un augurio dal sapore di maturo consiglio. Ancora un poco ed è tempo di lasciare alle giovani il proseguo della festa ; hai deposto il cappello rosa che hai tenuto orgogliosamente sul capo per tutto il tempo ma, c’è chi se ne accorge e ti ferma “ tenga il cappello, signora, è un regalo,lo tenga di ricordo!”. Sei sorpresa,piacevolmente sorpresa per l’attenzione riservatati,per il gesto premuroso e ringrazi “Grazie,grazie , lo tengo davvero volentieri !”. Il sole è tornato padrone indiscusso del cielo, alle vostre spalle ancora si alzano le grida festose delle giovani donne mentre tu con tuo marito vi avviate verso casa, felici per quell’improvviso ,inatteso coinvolgimento che scrosta dalle vostre spalle la sensazione di essere degli sconosciuti mentre tu cerchi di immaginare chi possa essere quella persona per cui la campana intonò l’Ave Maria, di cui hai chiesto ed hai ricevuto una risposta per te, che arrivi in paese di tanto in tanto, troppo vaga per identificarla. Fra i tuoi impegni per i prossimi giorni annoti un funerale ed un matrimonio, momenti da condividere insieme con i nativi di quel modesto paese.

storie di paese: LA QUINDICESIMA ORA DEL GIORNO

C'è un'ora del giorno,in un modesto paese di montagna che tutti gli abitanti,senza quasi rendersene conto, attendono con ansia che si allontani, qualunque sia la stagione,comunque sia il tempo. Capita talvolta,anzi con una certa frequenza, che di colpo, qualora per un attimo si siano distratti, vengano tutti richiamati alla realtà della vita quotidiana da una sola campana di quelle di cui è dotato l'antico e superbo campanile: don,don,don...è il rintocco riservato alla quindicesima ora del giorno, proprio in punto, con cui s'innalza l'Ave Maria per chi il Signore ha voluto riportare a casa. Non è pettegolezzo la domanda che in ognuno è spontanea "chi sarà morto?" ma, la condivisione di un dolore il quale sicuramente trafigge il cuore di qualcuno di loro in modo particolare. C'è chi sostiene che il numero dei rintocchi più o meno numerosi stia ad indicare il ruolo sociale rivestito dal defunto ma, poco importa: ora è solo un compaesano, un amico in meno. Succede che la campana squilli anche per chi ha lasciato il paese in tempi lontani, emigrante fra gli emigranti, ma abbia mantenuto il suo cuore rivolto alle sue montagne, alla sua gente e , la sua gente, lo ricorda così, in quell'ora che valicano sempre con sospetto.

fantastiche storie: LA CASA DEGLI GNOMI

Sopportarono increduli gli gnomi il gesto scostumato e quanto mai bellico di quella che riconobbero "foresta" del posto la quale, puntata contro la loro abitazione una strana scatola che emise un minaccioso "clic" , a loro avviso starnazzava come un'oca in calore per una incomprensibile felicità. Forse che la tipa non aveva mai visto la casa degli gnomi? Anche lei convinta dagli adulti della non esistenza degli gnomi? E da dove arrivava,lei,forse da quella che i "grandi" chiamano città? Mentre la "foresta" s'aspettava di intravvedere un qualche movimento oltre le finestre, gli gnomi la osservavano dalle piccole fessure fra una pietra e l'altra, ormai mossi a compassione visto che,quella scatola dallo strano rumore tanti danni non era riuscita a provocare, anzi, un giorno ,forse, lei avrebbe raccontato di una strana casa degli gnomi scoperta per caso in un angolo del bosco e, forse, ne avrebbe preso un pezzettino da quella strana scatola (chissà, l'avrebbe potuta aprire?) per mostrarla ad altri e tanti bambini sarebbero tornati a sognare di incontrare gli gnomi buoni del bosco..

storie di paese: IL RICHIAMO DELLE RADICI

Piantato lì da secoli,forte della tua polifonica espressione e della tua altezza, dimmi, quanti pianti hai visto irrigare ogni sentiero del villaggio ai tuoi piedi, lacrime di addio per una partenza dettata dalla fame, per la perdita di chi ti lasciò in cerca di fortuna in paesi che nemmeno dalla tua punta sono visibili all'occhio umano ? Ecco, questa sera ti guardo e mi pari accigliato mentre di sottecchi osservi chi passeggia ai tuoi piedi,ammirandoti, tessendo in un italiano stentato le lodi del villaggio che domini. L'avresti mai detto? Ora struggente si fa il ricordo di chi è venuto a cercarti,memoria arsa dal desiderio di ricostruire le proprie radici, cuore innamorato della propria gente e tu, scommetto sorpreso, non puoi fare a meno d'accenderti.

Storie di paese: L'EREDE

L'antico portone dalle crepe del tempo incise nel suo legno trovò finalmente nuova gioia in quel fiocco tinto d'azzurro annuncio di nascita del bimbo erede voluto ed atteso. Ora attende il portone si compia il tempo per sentire su sé le manine del bimbo a dare vigore al suo legno come fecero i suoi avi negli anni passati. Crepe e screpolature, il suo aspetto smunto saranno del bimbo prima palestra di storia della famiglia maestra foto di Tiziana Faoro.

05 luglio 2015

Maria Callas.Carmen. G. Bizet (1962)

Maria Callas.Carmen. G. Bizet (1962)

13 giugno 2015

http://autori.poetipoesia.com/tiziana-faoro

22 maggio 2015

17 maggio 2015

L'ALPIN

L'Alpin La pena pontava sul capel là scrit tel cor grandi dolor de guere viveste, de guere contae, fra i sas de la tera en tremor, te la poceca de 'l'aqua en boior. Là la resta pontava la pena che à fat la storia de 'na nazhion, femene e omeni i la rispeta intant che el capel i se met su la testa o te le man stret i lo tegn , ricordo mai mort de quel doven Alpin che par i soi da 'n toc no lè pi. (traduzione: La penna sul cappello ha scritto nel cuore grandi dolori di guerre vissute, di guerre raccontate fra le macerie di un terremoto, nella poltiglia delle inondazioni. Resta lì, puntata sul cappello la penna che ha fatto la storia di una nazione, donne e uomini ne hanno rispetto mentre indossano il cappello o lo tengono stretto fra le mani, ricordo mai spento del giovane Alpino che per (difendere) i suoi (fratelli in senso lato) da tempo non vive più.)

10 maggio 2015

FESTA DELLA MAMMA

Elemosini baci ed abbracci che io non so darti, intrappolata nella crescita austera travolta da impetuosi torrenti di rivolta. Sovrasta nel cuore razionale consapevolezza d’essere stata continua sorgente di delusione che neppure l’essere a mia volta madre mitiga vivendo l’amore che cancella dai figli subìto ogni dolore. E’ festa. Ovunque si sparge il profumo d’un dolce, d’un fiore offerto alla madre con dichiarazione d’amore filiale, solo io non scrivo, non parlo mummificato nel cuore qualsiasi gesto d’amore

02 maggio 2015

VERO DOLORE

Oh mia Milano! Piangi le tue ferite ed ancor più il tradimento vestito di festa ostentato dai tuoi grattacieli da chi platealmente ti loda e nel segreto la tua distruzione trama e sopporta ! Tu senti il dolore dei tuoi semplici amici d'affetto per te traboccanti, talvolta per fame viandanti, sorpresi avvisati, per le tue strade oltraggiate da giovani furie autorizzate ! Non v'è casa di tuoi onesti abitanti da cui non sfuggano gemiti e lamenti, imprecazioni costrette fra i denti mentre insieme si scende a raccogliere i resti, ahimè! di odio gratuito. Milano tu vedi, tu senti e riconosci chi t'ama davvero ! Insieme con te noi al futuro di nuovo ci avvieremo
scostati ipocriti intrusi assordanti !

01 maggio 2015

IL RISVOLTO

Ho provato a scucire l’orlo della memoria vestita di luccicanti pantaloni, ho iniziato dai miei raccogliendo dal vecchio risvolto solo polvere d’un anonimo passato. Ho frugato in quello di storici uomini, a terra sono scivolati silenziosi frammenti dolenti del calpestio ignorante. Svelti si sparsero nell’aria imbarazzanti ricordi di uomini di Stato finalmente liberi d’abbandonare lo scomodo ripostiglio in cui costretti mutarono la loro terribile verità. Tutto ho medicato con robusto battitacco rifiutando la memoria recente d’ognuno d’indossare nuove brache senza risvolto.

26 aprile 2015

MORTIFICARE L'UOMO

La supremazia di un uomo nei confronti del suo simile, di un popolo nei confronti di altri è stata espressa nel corso dei millenni di storia conosciuta in moltissimi modi, più o meno cruenti. La mortificazione è entrata a far parte anche della tradizione religiosa cattolica,soprattutto perpetrata sul proprio ed altrui corpo nella dimensione fisica come in quella psicologica: ricordo ancora i "fioretti" a cui eravamo invitati noi bambini nel mese di maggio in onore di Maria ed ancor più ricordo i racconti di mia madre in merito alle abnegazioni ed alle astinenze a cui la mia bisnonna materna amabilmente obbligava lei e le sue sorelle per la redenzione dei peccatori. Mortificazione corporale anche per i ministri di culto si perpetua da secoli con l'obbligo della negazione della sessualità sia per religiosi che per religiose, respinto ogni tentativo di annullamento della regola inventata dall'uomo. Più tremenda e non sempre identificabile la mortificazione imposta fra le pareti domestiche da genitori nei confronti di figli, da un coniuge nei confronti dell'altro. In nessun caso, la mortificazione porta benessere ad alcuno eppure,molto subdolamente ed infidamente, la mortificazione serpeggia nella vita quotidiana di ognuno di noi avvicinandoci più al regno della morte che della vita personale terrena: persino le preghiere siamo spinti a rivolgerle ai morti chiedendo loro aiuto o invocando per loro la misericordia di Dio! Cullare l'uomo nella mortificazione,nascondendo la verità o,peggio ancora, rivestendola di abiti cuciti a misura d'uomo, pare sia in merito alla Verità di Dio una pratica umana molto diffusa e resistente. Voglia il Signore aprire gli occhi ad ognuno di noi e siano le preghiere di noi vivi rivolte a Dio affinché il nostro prossimo,vivo e vegeto, vada alla fonte e scopra la vera volontà di Dio per egli stesso e per l'umanità intera! Nessuna mortificazione è richiesta da Dio all'uomo al quale mandò il suo Figliolo Gesù Cristo affinché ogni uomo abbia vita esuberante.

22 aprile 2015

PRIMA DONNE E BAMBINI

Nei gesti di ogni giorno, fra persone della mia generazione e fra i figli di coloro i quali li hanno educati secondo tradizioni e cultura nostrane, l’espressione “Prima donne e bambini” è sinonimo di una situazione di pericolo in cui è prioritario salvare la pelle ed è assolutamente naturale per gli uomini prestare soccorso innanzi tutto a donne e bambini. Moltissimi sono i film ambientati in epoche belliche in cui il coraggio e l’altruismo dell’uomo sono narrati e misurati in base alla abnegazione con cui egli mette a periglio la sua incolumità a favore della vita di donne e bambini anche se a lui sconosciuti e la realtà storica ha confermato ripetutamente,tramite la testimonianza delle interessate, che non sono episodi di fantasia o apologia di alcun potere. L’ultimo tragico naufragio di cui si discute e si scrive abbondantemente nell'attesa che la collettività internazionale riesca a far fermentare in sé almeno il dubbio della necessità di un interessamento per i migranti, ritengo sia ancora più sconcertante per l’assenza di donne e bambini fra i superstiti. Ascoltiamo attoniti mozziconi di racconti dei 28 superstiti,giovani uomini ancora sotto shock, nessuno dei quali pare sia in grado di spiegare dove fossero stipati donne e bambini, qualcuno anzi sembra non sappia nemmeno se vi fossero altre creature umane, oltre a loro maschi , imbarcate. Se già il dolore per il naufragio s’insinua tagliente nei miei pensieri, non nascondo che la sorte delle donne e dei bambini mi rende la vicenda ancora più inaccettabile ed oscura. Non mi permetto di puntare il dito contro nessuno,ovviamente, ma,qualcosa , a causa del la mia cultura e delle mie tradizioni mi mette addosso una certa perplessità e mi chiedo: sono io pronta ad accettare una cultura secondo cui le donne e i bambini sono insignificanti sino al punto di lasciare che muoiano nell’indifferenza di uomini adulti, cioè capaci di intendere e volere? Non oso nemmeno immaginare le angherie vissute da quelle povere malcapitate le quali, almeno per il naturale istinto materno, credo abbiano cercato di proteggere e salvare le loro creature prima che loro stesse; volete convincermi che nessun uomo prestante ed aitante abbia udito il loro grido d’aiuto? Certo nessuno dei superstiti ammetterà mai anche la più lontana parentela o conoscenza con una sola di quelle donne, gli scafisti non avranno alcun rimorso per nessuna vittima così,una volta ancora si perpetua la tradizione che vuole la donna creatura di secondo piano di cui ci si può tranquillamente fare gioco sino a lasciarla morire nella indifferenza, insieme con la sua creatura. La cultura e le tradizioni che consentono ai maschi di sottovalutare la donna, dovrebbero fare a pugni con la decantata cultura occidentale protesa al riconoscimento di pari dignità per uomo e donna,battaglia combattuta fieramente dai movimenti femministi; come mai nessuna donna occidentale pronuncia una sola parola in merito alla anomalia del naufragio? Sinceramente il silenzio di tutta la comunità mi lascia perplessa: si preferisce non sottolineare il diverso concetto di rispetto e diritti per la donna in nome di un’integrazione pacifica rivestita di pietismo? Siamo davvero tutti, o meglio tutte pronte ad accettare una cultura secondo la quale la donna deve stare sottomessa all’uomo nel senso più ampio del termine “sottomissione” in nome di un dio che dovremmo condividere nel segno della fratellanza umana? Io credo sia meglio che cominciamo a guardare in faccia la realtà prendendo atto delle diversità culturali e tradizionali, anzi auspico che ad iniziare siano “prima le donne e i bambini”.

21 aprile 2015

UN'ALTRA PRIMAVERA

Ho atteso i primi tepori per tornare ad immergermi in te, mare nostro che culli millenari segreti ai quali mai rivolgo il pensiero mentre sbircio i tuoi fondali e sogno. Or sulla riva ti osservo, placido e blu t’increspi forse d’orgoglio,forse di rabbia mentre io tergiverso dubbiosa d’infrangere il riposo di chi in te ripose speranza di un’altra primavera.

19 aprile 2015

CRISTIANI SEMPRE

Lasciamo che il faceto rallegri la nostra vita ma, non riponiamo in esso l'essenza del nostro vivere. Piuttosto cerchiamo di riconoscerlo,magari accomuniamolo a tutte le cose che sono per un tempo e riserviamo il nostro desiderio di conoscere ed approfondire il nostro rapporto strettamente personale con l'unica verità che ha ( e dà) vita eterna: il Signore Gesù. Va di moda in questi giorni valutare e giudicare le affermazioni di autorità civili e religiose in merito alle persecuzioni dei cristiani, ormai non così lontane dalla U.E., ci si meraviglia del loro bofonchiare teorie ed apologie insensate ma, raramente, mi pare, si esprime una considerazione basilare: davvero quelle autorità hanno fatta propria una scelta di vita cristiana,davvero hanno accettato per scelta personale di vivere secondo gli insegnamenti Biblici, ovvero secondo la Parola di Dio, davvero ogni mattina si studiano di applicarli nella loro vita quotidiana,in ogni loro azione? Umanamente, nelle scelte di ogni giorno, dall'idraulico alla compagnia telefonica, tutti noi decidiamo di rivolgerci a chi ci dà fiducia pechè lo sappiamo competente in materia ed ad esso affidiamo i nostri tubi, i nostri telefoni e via dicendo. Ora: siamo così certi della competenza delle autorità civili e religiose che dibattono e pronunciano "verità" cristiane, siamo così convinti di affidare a loro la nostra vita cristiana? Il vivere con Gesù, l'essere Cristiano è una scelta personale,non delegabile nè a padrini di battesimo,nè a madrine di cresima e non è rinviabile a morte fisica accertata; comporta sempre l'impegno di vivere guardando a Gesù , chiedendo il Suo aiuto affinché anche noi creature imperfette possiamo vivere ogni nostro giorno secondo il Suo insegnamento. Solo chi ha la forza di una fede personale sincera e profonda può sostenere coloro i quali condividono la stessa esperienza di fede, non altri. Che il Signore dia ad ogni Suo figliolo la fermezza di confessare la sua fede in qualunque situazione!

22 marzo 2015

C'E' GIOIA NEL CUORE

Sei il mio Amor supremo, con Te io vivo il mio percorso terreno da che capii il tuo misericordioso corteggiamento mentre fra le braccia d’ipocriti affetti mi crogiolavo ignorando il tuo paziente, silenzioso richiamo. Perfetto ed infinito a me ti svelasti allor che trafitta e sola a Te del mio travaglio confessai il mio peccato! Amor mio perfetto, a Te ogni giorno io mi rimetto, spudorata mente tralasciata, vivo in fede la mia vita a Te consacrata.

20 marzo 2015

TEMPI CONFUSI

La festa del papà, l'equinozio di primavera, l'eclissi, la violenza e le sue vittime:un minestrone in cui le varie componenti stridono fra loro, le più dolci vengono sopraffatte dalle amare, le amare soffocano le prime per le quali l'uomo non ha più tempo di provare gioia, piacere, respiro. Uomini e donne sempre al centro,non dell'assistenza infermieristica o delle cure mediche,non "pazienti" ma, protagonisti: persa l'innocenza neonatale, si dimenano in diatribe, sopraffazioni con uno spirito degno del Maligno di cui non si vuol riconoscere l'esistenza, se non nelle mormorate cerimonie in suo onore bisbigliate da qualche cronista locale, lontani e scandalizzati dal richiamo amorevole di Dio,loro creatore, di cui si ricordano improvvisamente solo quando non riescono a dominare situazioni impreviste,ingovernabili dalla loro razionalità perfida. Uomini e donne deboli che non sanno alzare gli occhi al cielo per ammirare un'eclissi,evento dalla scienza e dall'intelligenza umana spiegato secondo teorie contrapposte, persa la felicità della certezza dell'opera fantastica del loro Signore Iddio. Uomini che, nel giorno dedicato al loro ruolo per eccellenza, l'essere padre, urlano e rivendicano i loro diritti negati o ignorati di padri o nascondono nelle loro brache una paternità dimenticata,rinnegata, abbandonata: perchè urlate,ora? "Mio figlio, la mia bambina,gli amori della mia vita, io per loro farei di tutto...". Tutto cosa? Perchè non hai rispettato la loro madre, perchè non hai cercato la pace con tua moglie, perchè non ti sei impegnato a mantenere unita la famiglia di cui i tuoi figli soffrono la mancanza? Che diritti rivendichi, di quale amore stai parlando dopo aver inferto un dolore impareggiabile ai tuoi bimbi mettendoli nella condizione di dividere il loro amore per i genitori in una porzione per mamma,una porzione per papà? E tu,capace solo di paternità, come pensi di poter pretendere la maternità di cui sei anatomicamente impossibilitato? Vi vedo già,mentre scotete il capo in cenno di diniego di fronte alla realtà della parola di Dio, creature più sapienti del vostro Creatore, soddisfatte di somigliare ed essere discendenti di scimmie, così presi dalla vostra boria da non capire e non ammettere che il Signore ha un'intelligenza perfetta ed eterna! Quanto sta dilagando l'impero del male? Ognuno di noi è responsabile del suo espandersi:non ci sono vittime,solo protagonisti fra tutti coloro i quali rinnegano l'esistenza di un Unico Dio.

13 febbraio 2015

SAN VALENTIN

San Valentin I se confond fioi e neodi tel brazh a farse ninar intant che el sol el s'ciara el dì e i quert i se s'giazha tei ricordi de noni vecioti che i se tien par man e ancora i varda insieme al doman. Traduzione:
San Valentino Si confondono figli e nipoti coccolati fra le braccia mentre il sole illumina il giorno ed i tetti sgelano nei ricordi di nonni anziani che si tengono per mano ed ancora pensano al futuro insieme.

07 febbraio 2015

LA FAMIGLIA NEVE

La famiglia Neve, inviata speciale per impossibile missione di rallegrar anziani e bimbi, si componea di padre,madre e batuffoli piccini. S’unirono i nonni alla missione,golosi di nuovi luoghi scoprir la locazione: nulla sapendo delle peripezie d’ un viaggio in libera caduta provarono non poco turbamento in quel periglio sconosciuto di scomodo atterraggio su suolo ostile, alleato di ogni mezzo che di lor facesse strazio. Apprezzaron inde grandemente il soggiornar momentaneamente in loco riparato da cancellate ferree ed appuntite mentre i batuffoli piccini saltellanti intorn di loro si prendean amabilmente gioco invitandoli a provar l’ebbrezza di scivolar su quella impettita latta che fra due bracci ruvidi si snodava dall’alto verso terra o di guidar lo strano coso sorretto da tre ruote per un sedile solo. Tacea d’intorno il cittadin frastuono,di loro non s’avvide nessun uomo.
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31 gennaio 2015

FAR DI CONTO

Seduto a gambe incrociate sul tuo letto baciato dal sole,finiti gli attimi di riflessione mi guardi serafico ed esordisci: "Lo sai che ho letto uno studio in cui alcuni scienziati affermano che per le persone le quali svolgono una attività su tre turni,come te,come voi Infermieri, la vita si abbrevia di sei anni ogni dieci anni di lavoro a turni? Sei anni per dieci,dodici anni per venti!". Ti guardo, proseguo nel predisporre attentamente ogni strumento per somministrarti in sicurezza il chemioterapico, ti sorrido. Taccio ( mica potevo dirti :"guarda un po' come sei messo tu che di turni non ne hai mai fatti e sei anche più giovane di me!" ) e penso a quando io,piccola bimba imbarazzata di fronte al medico giunto a visitarmi perchè avevo il morbillo lo accolsi con uno splendido "ma lei ha solo quel vestito?" (mettendo in difficoltà la mia mamma non ancora avvezza alle fantasiose elaborazioni mentali mie) , ti giustifico capendo la tua ansia esacerbata da mesi di ricovero. Ti sorrido di nuovo e mi scrollo di dosso ogni tentativo d'insinuarsi di quel pensiero di cui anch'io avevo letto nei giorni precedenti ed inizio ad infondere raccomandandoti "qualsiasi problema,sintomo strano,chiamami". Ci salutiamo a ciclo chemioterapico terminato,finalmente si spalanca la porta dell'ospedale per la tua dimissione,sebbene a tempo determinato e solo allora mi concedo di sorridere con i colleghi dell'episodio. Ti vogliamo bene,lo sai, per noi sei una persona di famiglia ormai. Salutiamo anche una collega giunta all'ultimo giorno di lavoro,fortunata lei è riuscita a carpire allo stato italiano la pensione dignitosamente guadagnata in quarant'anni di lavoro,Infermiera generica, decurtata del 50% per quegli incomprensibili giochi Inpdap-Inps che capitano solo ai comuni mortali ed improvvisamente ecco la tua voce nelle mie orecchie "lo sai che...sei anni per dieci anni,dodici anni per venti...". Che provocazione! Il mio cervello inizia a frullare fantasie e a rielaborare storielle poi,di colpo,sforna la sua teoria del giorno: supponiamo che la Fornero fosse venuta a conoscenza di quello studio. Persona intelligente e colta qual è,non le sarebbe potuta sfuggire l'occasione di quattro conti: età media di vita per la donna 84 anni, età media di vita per l'uomo 81 circa; quante siano le persone impegnate in attività su tre turni l'Inps o chi per esso glielo avrebbe comunicato seduta stante; calcolando su quarantanni di lavoro una ventina d'anni almeno su tre turni e di conseguenza una bella dozzina d'anni in meno di aspettativa di vita...sottraendoli dagli ottantaquattro indicativamente previsti si scenderebbe a settantadue anni mediamente di vita attesa. Stabilendo per tutti l'età pensionabile a sessantasette anni...un lavoratore turnista che goda di buona salute usufruirebbe di assegno di pensionamento per...cinque anni! Dunque il risparmio sarebbe ...Che brividi lungo la schiena! Devo decidermi a mettere in castigo il mio cervello,gioca troppo e studia poco,non mi rispetta e si prende gioco di me nei momenti più inattesi! Oppure pensate possa io candidarmi alle prossime votazioni politiche avendo stoffa di pregio per governare?

27 gennaio 2015

Abbracci

si spalanca il cielo al giorno in fraterno abbraccio,poscia, in sul far della sera, al levarsi del vento freddo e dispettoso, si ammanta d'una morbida sciarpetta dai tenui colori ed i tuoi occhi, del tempo innamorati, ammiccano gioiosi riferendo al cuore nuove emozioni

Messaggio silenzioso

forse che trattieni il tuo pensiero, oh cielo, solo sbuffando in capo all'uomo e a lui mostrando le gote tue gonfie ed accaldate? Volgo a te lo sguardo e ascolto del tuo celato umore ogni bisbiglio, ogni mormorar pomposo....

05 gennaio 2015

AUGURI BEFANA!

Anima in volo Scorrazzo qua e là, fardello ingombrante l'atavico sogno d'un agevole mondo per bimbe innocenti, giovani donne, vecchie grinzose che altro non bramano se non il rispetto, poco importa vestito d'amore! La scopa assegnata da mente maschiaccia istiga burla e schiamazzi nell'attesa di dolce carbone ad assopire nascosto rancore per quella creatura un po' strana, un po' matta che il mondo fa girar quasi fosse un'immensa sottana. "Auguri,auguri cara befana!" ogni maschietto per un giorno felice a gran voce ben dice alla donna che incontra, alla donna che ama mentre io sorvolo l'insulto e cerco un mondo più adulto.