22 aprile 2015

PRIMA DONNE E BAMBINI

Nei gesti di ogni giorno, fra persone della mia generazione e fra i figli di coloro i quali li hanno educati secondo tradizioni e cultura nostrane, l’espressione “Prima donne e bambini” è sinonimo di una situazione di pericolo in cui è prioritario salvare la pelle ed è assolutamente naturale per gli uomini prestare soccorso innanzi tutto a donne e bambini. Moltissimi sono i film ambientati in epoche belliche in cui il coraggio e l’altruismo dell’uomo sono narrati e misurati in base alla abnegazione con cui egli mette a periglio la sua incolumità a favore della vita di donne e bambini anche se a lui sconosciuti e la realtà storica ha confermato ripetutamente,tramite la testimonianza delle interessate, che non sono episodi di fantasia o apologia di alcun potere. L’ultimo tragico naufragio di cui si discute e si scrive abbondantemente nell'attesa che la collettività internazionale riesca a far fermentare in sé almeno il dubbio della necessità di un interessamento per i migranti, ritengo sia ancora più sconcertante per l’assenza di donne e bambini fra i superstiti. Ascoltiamo attoniti mozziconi di racconti dei 28 superstiti,giovani uomini ancora sotto shock, nessuno dei quali pare sia in grado di spiegare dove fossero stipati donne e bambini, qualcuno anzi sembra non sappia nemmeno se vi fossero altre creature umane, oltre a loro maschi , imbarcate. Se già il dolore per il naufragio s’insinua tagliente nei miei pensieri, non nascondo che la sorte delle donne e dei bambini mi rende la vicenda ancora più inaccettabile ed oscura. Non mi permetto di puntare il dito contro nessuno,ovviamente, ma,qualcosa , a causa del la mia cultura e delle mie tradizioni mi mette addosso una certa perplessità e mi chiedo: sono io pronta ad accettare una cultura secondo cui le donne e i bambini sono insignificanti sino al punto di lasciare che muoiano nell’indifferenza di uomini adulti, cioè capaci di intendere e volere? Non oso nemmeno immaginare le angherie vissute da quelle povere malcapitate le quali, almeno per il naturale istinto materno, credo abbiano cercato di proteggere e salvare le loro creature prima che loro stesse; volete convincermi che nessun uomo prestante ed aitante abbia udito il loro grido d’aiuto? Certo nessuno dei superstiti ammetterà mai anche la più lontana parentela o conoscenza con una sola di quelle donne, gli scafisti non avranno alcun rimorso per nessuna vittima così,una volta ancora si perpetua la tradizione che vuole la donna creatura di secondo piano di cui ci si può tranquillamente fare gioco sino a lasciarla morire nella indifferenza, insieme con la sua creatura. La cultura e le tradizioni che consentono ai maschi di sottovalutare la donna, dovrebbero fare a pugni con la decantata cultura occidentale protesa al riconoscimento di pari dignità per uomo e donna,battaglia combattuta fieramente dai movimenti femministi; come mai nessuna donna occidentale pronuncia una sola parola in merito alla anomalia del naufragio? Sinceramente il silenzio di tutta la comunità mi lascia perplessa: si preferisce non sottolineare il diverso concetto di rispetto e diritti per la donna in nome di un’integrazione pacifica rivestita di pietismo? Siamo davvero tutti, o meglio tutte pronte ad accettare una cultura secondo la quale la donna deve stare sottomessa all’uomo nel senso più ampio del termine “sottomissione” in nome di un dio che dovremmo condividere nel segno della fratellanza umana? Io credo sia meglio che cominciamo a guardare in faccia la realtà prendendo atto delle diversità culturali e tradizionali, anzi auspico che ad iniziare siano “prima le donne e i bambini”.

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