28 luglio 2015

Storie di paese: ANGOLI NASCOSTI

sapeva l'alberello di non passare inosservato, postato all'incrocio di vialetti ove ancora frammenti di roccia sopportavano i passi di pochi passanti, sapeva di poter vivere tranquillo, protetto dalle antiche mura ora silenziose e tristi non risuonando più dei canti infantili dei bimbi, del discorrere degli adulti e con cuore generoso rifioriva in continuo tentando di allietare mura e persone...

L'AQUILONE

Già il ricordo di sogni giovanili avanzava nei miei occhi e nei miei pensieri,mentre passeggiavo nel bagnasciuga chiacchierando di altro con la nuova amica, rinfrescando la memoria di giorni di mare e più ancora di notti in Valmorel,montagna delle mie montagne, trascorse a preparare giochi e materiale per la realizzazione di aquiloni con cui far sognare l’allegra masnada di bambini per la prima volta in terra d’origine dei genitori, già rivivevo quella strana sensazione di un gioco di cui non ero esperta ma, ammiravo l’evoluzione nel cielo dell’infinito a me caro piacevolmente sorpresa dal suo volteggiare di cui, credevo, i bimbi digitali non sapessero nemmeno l’esistenza quando, distratta dal ciarlare, distolsi lo sguardo da quel fragile oggetto, che credevo sapientemente manovrato affinchè mantenesse la corretta rotta di volo e mi dedicai ad altro. Sole oltremodo abbronzante, mare dalle acque così calde da essere vissuto quasi con fastidio, incapace di refrigerare nuotate esperte o appena accennate, spiagge per lunghi tratti solitarie colorate da ombrelloni oziosi, scossi a tratti da un tentativo di brezza, il piacevole diffondersi della caratteristica parlata veneziana nella cui melodia culli il tuo sorriso frequentemente interrotto da ambulanti di etnie orientali o africane carichi di ogni genere di prodotto: neanche più apri un occhio, rispondi “no, grazie “ a priori e metti ad arrostire quella parte di corpo non ancora adeguatamente ustionato. Ti osservo mentre cerco di ascoltare la voce del mare,il suo mormorio nell’infrangersi sulla riva in piccole onde avrà pur qualcosa da dirmi, aquilone elegante nella semplicità delle tue ali bianche che ti frapponi fra me ed il sole solo per alcuni momenti, in evoluzioni simili ad un inchino non so se al sole o a chi ti ammira e mi chiedo se anche tu voglia raccontarmi di te, delle mani di chi ti fa veleggiare. Non sei solo, mi accorgo all’improvviso: al tuo seguito un aquilone tutto colorato in compagnia di un altro simile e poi un altro ancora in bel ordine e poi eccone ancora uno! Seguo la parabola discendente del corteo sino all’incrocio con gli ombrelloni: improvvisamente una sagoma di giovane uomo prende forma, un giovane uomo africano il quale stancamente traina gli aquiloni in vendita. Mi coglie una sottile amarezza,forse melanconia, mentre mi chiedo se quel giovane sappia di sogni, giochi, fantasie custoditi in quei fragili oggetti di cui ora sogno si veda l’ombra nel cielo della sua terra, messaggio per la gente, per sua mamma, del suo stentato vivere in una terra sperata accogliente e generosa.

16 luglio 2015

Storie di paese: ANDAVAMO IN PALESTRA ( E NON LO SAPEVAMO)

Andavamo in palestra ( e non lo sapevamo) Non è insolito, nelle soffitte e nei sotto scala delle case di montagna, abitazioni di gente dal carattere forte,poco espansiva, abituata a sacrifici e lavori simili alle loro crode per durezza e scarse ricompense, ritrovare attrezzi e strumenti di lavoro adatti, per grandezza o capienza, ai bambini di casa. Sino a qualche decennio fa, il concetto dello “sfruttamento dei minori “ non era ancora stato elaborato; i bambini venivano coinvolti dagli adulti nelle loro attività perché, loro,come genitori o nonni, avvertivano la responsabilità di formare la loro progenie alla realtà difficile del vivere quotidiano inteso come fattiva collaborazione e condivisione, non scalata al successo individuale. Certo, i bambini avrebbero preferito trascorrere più tempo giocando fra loro, allora andavano ancora di moda le camminate nei boschi e le spanciate di frutta colta dagli alberi, tuttavia non disdegnavano le vendemmie piuttosto che la raccolta dei fagioli quando,con loro, vi erano i loro amici con i genitori, a loro volta amici dei loro genitori. Forse non era ancora molto diffuso il concetto di “socializzazione” ma, in quelle case antiche,nelle stalle o nelle “casere” la “socializzazione” era garantita. Anche i piccoli o le bambine che arrivavano dalla città, ove i figli degli anziani erano emigrati per cercar lavoro, venivano educati secondo tradizione e, per loro, era un onore poter aiutare i nonni e gli adulti in quelle che, ai loro occhi, erano strane faccende e non si aspettavano alcuna particolare ricompensa o riconoscimento: il tutto era semplicemente naturale,rientrava nell’ordinamento di quel genere di vita povera e genuina. Il veloce progresso economico, il diffondersi dell’istruzione e della cultura con i suoi nuovi, evoluti parametri di sviluppo psicofisico del bambino e la definitiva condanna dell’approccio psicopedagogico della tradizione rurale, interruppero improvvisamente quel sano tramandare le tradizioni: i nonni sbigottiti vennero messi a tacere dai loro figlioli, genitori al passo con i tempi i quali abbracciarono senza se,senza ma, le nuove teorie educative : niente lavoro per i piccoli, troppo alto il rischio di “sfruttamento”! I nonni riposero, non senza qualche borbottio, i vecchi attrezzi per i bambini nelle soffitte e nei sotto scala delle case profumate di storia, certi che i tempi, prima o poi, sarebbero cambiati. Così non è ancora: i nostri figli ed i nostri nipoti ormai sono assuefatti alle palestre di ogni genere, utilizzano meglio il computer della penna stilografica ( qualcuno non sa nemmeno cosa sia una stilografica) , viaggiano in aereo raggiungendo in poco tempo ogni angolo del mondo, non importa se delle persone incontrate non ricordano nemmeno il nome: bisogna correre, bisogna primeggiare. I racconti dei nonni,raramente si ricordano e tu, ormai sulla via della vecchiaia, ti volti indietro, Sali in soffitta e recuperi quegli attrezzi custoditi con cura: è fatica pura utilizzarli! Senza accorgertene ti sorprendi a ragionare in merito a quanti muscoli siano coinvolti nell’arte di pulire le scale di legno con spazzola di saggina,straccio e secchi d’acqua ,da portare su e giù per riempirli e vuotarli dell’acqua, quante Kcal tu stia bruciando. Sorridi : mai avevi visto in quella normale attività di vita quotidiana, tipica della tradizione rurale, una rudimentale ma , quanto mai efficace palestra! Sorridi ancora di più e rivolgi un particolare pensiero al tuo personal trainer : tua nonna, ruvida donna di montagna dalle espressioni affettive centellinate e sempre misurate.

15 luglio 2015

CHI VUOI CHE INTERCEDA PER TE ?

“Ciao, sono io, senti: ho bisogno di un grosso favore, la dr.ssa ha detto che mi fa fare il day hospital ma, io non riesco a telefonare per stabilire la data..” “Scusa, io sono in ferie!” “Ah caspita, e adesso come faccio!?!” “Io non posso far niente se non darti i numeri di telefono..” Cerchi comunque di intercedere per quella persona che con tanta sicurezza si è rivolta a te certa del tuo intervento e tu non vuoi deluderla. Un episodio come tanti altri,di cui non riporteresti una sola riga se non ti turbasse una riflessione,sempre la stessa, udita in tv da parte di un giornalista in merito all’intercessione di Maria, della Maria madre di Gesù ,fondata sul miracolo alle nozze di Cana. Torni a leggere una volta ancora il testo dell’episodio riportato nel vangelo di Giovanni, esamini il comportamento di Maria e, non trovi il comportamento di intercessione che molti vogliono attribuirle. Maria ha fatto notare a Suo Figlio che il vino era finito (come se Gesù non lo sapesse!) esprimendo un comportamento tipicamente umano al quale Gesù rispose richiamandola a mantenere il suo ruolo. Maria consigliò ai servitori “fate tutto quello che vi dirà”; non è scritto che siano stati i servitori a chiedere a Maria se potesse chiedere aiuto a Gesù. Il rimandare i servitori a Gesù,mi pare un personale atto di fede di Maria in Gesù: lei sapeva che tutto a Lui era possibile. Gesù non ha potuto sottrarsi alla fede di Maria ed è intervenuto. L’episodio per me è un chiaro esempio di come sia il rapporto personale di ognuno di noi con Gesù: noi gli diciamo il nostro problema, lo deponiamo ai suoi piedi perché sappiamo che solo Lui può risolverlo ed il Signore,vedendo la nostra fede,opera. Un rapporto personale,diretto , senza intercessione di alcuno.

09 luglio 2015

storie di paese: QUANDO IL CAMPANILE TACE

Quanto il tessuto sociale sia cambiato nel piccolo paese, incredibile ma,vero, può essere verificato osservando il campanile: le due foto scattate ieri, 8 luglio 2015,sul finire del temporale che danni stava facendo in altra zona del Veneto,e questa sera,9 luglio , mostrano senza alcun dubbio una immobilità che,almeno per una persona, è stato motivo di ritardo sul lavoro. Mia mamma, quando noi giovani brontolavamo perchè le campane di domenica,anche d'estate, iniziavano a suonare a distesa alle ore 7.00 del mattino per annunciare la prima messa, non mancava di ricordare i suoi tempi di gioventù quando, sua nonna svegliava lei e le sue sorelle alle ore 5.30 perchè arrivassero puntuali alla prima messa, ore 6.00. Mia nonna, guardava sempre al campanile quando gli uomini di casa erano nei campi a lavorare per portare loro la merenda di metà mattina mentre gli uomini tutti si rialzavano dal terreno in coltivazione al primo rintocco della campana del mezzogiorno e dei vesperi la sera. Nessuno metteva mai in discussione l'ora indicata dall'orologio del campanile,dotato di rintocco musicale a scoccare i 60 e 30 minuti., tutti gli orologi di casa venivano regolati con quello. Anche il sagrestano, membro più che attivo della comunità,sapeva e condivideva quell'abitudine perciò, quando le lancette dell'orologio del campanile per qualche incomprensibile ragione smettevano di scorrere,era sua premura urgente di chieder l'intervento di chi sapesse rimettere in funzione l'orologio seduta stante placando lo sgomento dei paesani che si sentiva appesantire l'aria. Ora son più di 24 ore che l'orologio se ne sta immobile,silenzioso,colpevole del silenzio delle campane e nessuno,tranne la persona di cui ho scritto,pare, soffra del forzato silenzio. Peccato!?!

08 luglio 2015

storie di paese: L'ADDIO AL NUBILATO

Succede così: mentre ancora hai nelle orecchie il rintocco di quel Ave Maria di cui cerchi conferma ( si sa mai che ti sbagli,in fondo da queste parti ci capiti di tanto in tanto) vieni stordita da un corale grido gioioso dalle tonalità solo femminili provenienti da uno dei bar del centro di quel modesto paese più propenso al silenzio che agli schiamazzi. Ti guarda perplesso tuo marito e subito spieghi secondo la tua logica :" considerato che abbiamo assistito ad alcune scene dell'addio al celibato,non possiamo escludere sia ora in corso l'addio al nubilato!".La motivazione condivisa sottovoce con un ironico commento è subito confermata dal materializzarsi di un nugolo di giovini donne dall'abbigliamento volutamente simile e dalle chiome nascoste sotto un bel cappello rosa le quali a voce sempre più alta intonano il loro "viva viva la sposa" con l'evidente proposito di coinvolgere ed attirare l'attenzione di più persone possibili. Ti saresti limitata ad osservare il loro momento irripetibile di euforia se l'improvviso temporale del tardo pomeriggio non avesse cospirato nel creare la necessaria soluzione di un riparo di fortuna in condivisione: il bar raggiunto da te con tuo marito per un aperitivo , consuetudine solo del vostro periodo feriale. Si sa : in un paese ove il rintocco della quindicesima ora del giorno è più frequente dello scampanio per un matrimonio, tutti son pronti a fare festa, il clima si surriscalda,tu fotografi, t’invitano ad unirti “venga,venga,signora,venga con noi !”. Lanci un’occhiata d’invito a tuo marito,maschietto discreto rimane in disparte , sorseggi prosecco ed assaggi maliziosi biscottini, una mano sconosciuta posa il cappello rosa sulla tua testa. Attorno altri attempati signori con negli occhi la malinconia per un loro tempo che fu, tuo marito prende coraggio e si unisce. Fotografa. Siete , vi sentite accolti. Si stappa altro prosecco,insieme gridate “viva, viva la sposa!” , una damigella ti chiede “di dov’è,signora?” e tu orgogliosa puoi dire della tua lontana parentela con lo sposo mentre tuo marito lo vedi sussurrare alla sposa un augurio dal sapore di maturo consiglio. Ancora un poco ed è tempo di lasciare alle giovani il proseguo della festa ; hai deposto il cappello rosa che hai tenuto orgogliosamente sul capo per tutto il tempo ma, c’è chi se ne accorge e ti ferma “ tenga il cappello, signora, è un regalo,lo tenga di ricordo!”. Sei sorpresa,piacevolmente sorpresa per l’attenzione riservatati,per il gesto premuroso e ringrazi “Grazie,grazie , lo tengo davvero volentieri !”. Il sole è tornato padrone indiscusso del cielo, alle vostre spalle ancora si alzano le grida festose delle giovani donne mentre tu con tuo marito vi avviate verso casa, felici per quell’improvviso ,inatteso coinvolgimento che scrosta dalle vostre spalle la sensazione di essere degli sconosciuti mentre tu cerchi di immaginare chi possa essere quella persona per cui la campana intonò l’Ave Maria, di cui hai chiesto ed hai ricevuto una risposta per te, che arrivi in paese di tanto in tanto, troppo vaga per identificarla. Fra i tuoi impegni per i prossimi giorni annoti un funerale ed un matrimonio, momenti da condividere insieme con i nativi di quel modesto paese.

storie di paese: LA QUINDICESIMA ORA DEL GIORNO

C'è un'ora del giorno,in un modesto paese di montagna che tutti gli abitanti,senza quasi rendersene conto, attendono con ansia che si allontani, qualunque sia la stagione,comunque sia il tempo. Capita talvolta,anzi con una certa frequenza, che di colpo, qualora per un attimo si siano distratti, vengano tutti richiamati alla realtà della vita quotidiana da una sola campana di quelle di cui è dotato l'antico e superbo campanile: don,don,don...è il rintocco riservato alla quindicesima ora del giorno, proprio in punto, con cui s'innalza l'Ave Maria per chi il Signore ha voluto riportare a casa. Non è pettegolezzo la domanda che in ognuno è spontanea "chi sarà morto?" ma, la condivisione di un dolore il quale sicuramente trafigge il cuore di qualcuno di loro in modo particolare. C'è chi sostiene che il numero dei rintocchi più o meno numerosi stia ad indicare il ruolo sociale rivestito dal defunto ma, poco importa: ora è solo un compaesano, un amico in meno. Succede che la campana squilli anche per chi ha lasciato il paese in tempi lontani, emigrante fra gli emigranti, ma abbia mantenuto il suo cuore rivolto alle sue montagne, alla sua gente e , la sua gente, lo ricorda così, in quell'ora che valicano sempre con sospetto.

fantastiche storie: LA CASA DEGLI GNOMI

Sopportarono increduli gli gnomi il gesto scostumato e quanto mai bellico di quella che riconobbero "foresta" del posto la quale, puntata contro la loro abitazione una strana scatola che emise un minaccioso "clic" , a loro avviso starnazzava come un'oca in calore per una incomprensibile felicità. Forse che la tipa non aveva mai visto la casa degli gnomi? Anche lei convinta dagli adulti della non esistenza degli gnomi? E da dove arrivava,lei,forse da quella che i "grandi" chiamano città? Mentre la "foresta" s'aspettava di intravvedere un qualche movimento oltre le finestre, gli gnomi la osservavano dalle piccole fessure fra una pietra e l'altra, ormai mossi a compassione visto che,quella scatola dallo strano rumore tanti danni non era riuscita a provocare, anzi, un giorno ,forse, lei avrebbe raccontato di una strana casa degli gnomi scoperta per caso in un angolo del bosco e, forse, ne avrebbe preso un pezzettino da quella strana scatola (chissà, l'avrebbe potuta aprire?) per mostrarla ad altri e tanti bambini sarebbero tornati a sognare di incontrare gli gnomi buoni del bosco..

storie di paese: IL RICHIAMO DELLE RADICI

Piantato lì da secoli,forte della tua polifonica espressione e della tua altezza, dimmi, quanti pianti hai visto irrigare ogni sentiero del villaggio ai tuoi piedi, lacrime di addio per una partenza dettata dalla fame, per la perdita di chi ti lasciò in cerca di fortuna in paesi che nemmeno dalla tua punta sono visibili all'occhio umano ? Ecco, questa sera ti guardo e mi pari accigliato mentre di sottecchi osservi chi passeggia ai tuoi piedi,ammirandoti, tessendo in un italiano stentato le lodi del villaggio che domini. L'avresti mai detto? Ora struggente si fa il ricordo di chi è venuto a cercarti,memoria arsa dal desiderio di ricostruire le proprie radici, cuore innamorato della propria gente e tu, scommetto sorpreso, non puoi fare a meno d'accenderti.

Storie di paese: L'EREDE

L'antico portone dalle crepe del tempo incise nel suo legno trovò finalmente nuova gioia in quel fiocco tinto d'azzurro annuncio di nascita del bimbo erede voluto ed atteso. Ora attende il portone si compia il tempo per sentire su sé le manine del bimbo a dare vigore al suo legno come fecero i suoi avi negli anni passati. Crepe e screpolature, il suo aspetto smunto saranno del bimbo prima palestra di storia della famiglia maestra foto di Tiziana Faoro.

05 luglio 2015

Maria Callas.Carmen. G. Bizet (1962)

Maria Callas.Carmen. G. Bizet (1962)