17 agosto 2012

La poesia sul lago è musica

Così si è integrata la poesia in versi con la poesia in musica, oggi 17 agosto 2012, sulle rive del lago del Corlo in Arsiè (Belluno): nella semplicità degli interpreti,nell' intensità delle emozioni suscitate da poesie e musica. Grazie Francesco,grazie Sandro! La vostra presenza ha onorato i nostri pensieri in versi e noi siamo onorati di avere suscitato in voi emozioni musicali! Al prossimo incontro! Un grazie sincero anche ai presenti che ci hanno onorato della loro attenzione, a coloro che hanno condiviso con noi le loro poesie. tz

05 agosto 2012

Lettera Aperta Agli UOMINI POTENTI

Lettera aperta agli Uomini Potenti


Dove siete, dove siete uomini potenti che un tempo andavate fieri di essere ripresi sottobraccio a don Luigi, sì a don Luigi Verzé, che frequentavate l’aula Tre Caravelle o la San Raffaele con tanto d’orgoglio stampato sul vostro bel viso sorridente, stringevate le mani ad altri potenti e, forse, controllavate chi fosse seduto più vicino a don Luigi,in una gara di supremazia gestita con invidia?

Vi ricordiamo,sapete,noi che al San Raffaele ancor oggi lavoriamo secondo i principi dettati dal nostro,sì nostro, don Luigi! Allora di noi infermieri,medici,ausiliari,impiegati voi non vi siete mai curati, avevate altro a cui pensare e non eravamo noi gente semplice ad elevarvi al potere (forse, perché a votare abbiamo diritto e dovere anche noi) bensì il vostro saper darvi daffare,il vostro saper consigliare don Luigi,il vostro aprirgli le vostre porte ed il vostro pavoneggiarvi riempiva l’aria,le vostre orazioni addormentavano i vostri colleghi presenti che felici poi vi applaudivano! Solo don Luigi sapeva, nei momenti d’incontro con i suoi Raffaeliani tuonare : “Il San Raffaele non è questo, il San Raffaele non deve essere così!” e si riferiva alla mancanza di attenzione per il paziente che aveva osservato in Pronto Soccorso piuttosto che in una Unità Operativa dove passava all’improvviso e all’insaputa di tutti. Solo Don Luigi continuava ad incoraggiarci a guardare all’uomo quale creatura di Dio meritevole di ogni cura, di ogni sostegno soprattutto nei momenti più dolorosi,sino all’accompagnamento alla morte!

Ecco il nostro don Luigi, ecco colui di cui ora avete quasi paura a preferire il nome!

Ho voluto bene a don Luigi ed ancora gliene voglio, oggi lo grido al mondo, come tanti miei colleghi: le sue parole, i suoi silenzi, le mezze frasi che facevano intuire la sua sofferenza mi accompagnano giorno dopo giorno mentre sono al letto del malato e così è per centinaia di miei colleghi Raffaeliani.

Noi non temiamo ricordarlo, non temiamo dire che lo rimpiangiamo! Ha sbagliato? Forse che voi non avete mai sbagliato, forse che noi non sbagliamo? Grazie a Dio nessuno di noi è perfetto!

Dove eravate voi, uomini potenti, quando senz’altro vedevate gli errori in cui stava incespicando, dove eravate voi, così potenti, voi che soli potevate dare suggerimenti e consigli appropriati? Perché non l’avete aiutato ad evitarli? Già: anche voi non siete perfetti.

Forse per questo, oggi non avete più nemmeno il coraggio di riconoscere quell’andare a braccetto che tanto vi piaceva,vi contendevate ed ora quasi, se qualcuno vi chiede di don Luigi Verzé, siete pronti a rispondere: “ è morto qualche mese fa”?

Tira un’altra aria,vero? Ed allora via a cavalcare un’altra era, a passeggiare sottobraccio ad un altro potente,ad invidiare chi gli è più vicino!

Il San Raffaele? Uno dei dieci ospedali più importanti del mondo,cos’è ora lo sapete raccontare?

Forse non potete perché ciò che ci si confida fra le mura dei palazzi che contano non può essere messo a conoscenza di tutti,sicuramente non dei Raffaeliani.

Noi medici,infermieri,ausiliari, impiegati invece vi sappiamo raccontare il nostro San Raffaele, il San Raffaele voluto da don Luigi che non vogliamo venga derubato della sua anima, dei suoi principi che sono anche nostri, i nostri.

Dove siete, uomini potenti, mentre noi semplici ed umili lavoratori combattiamo perché il nostro ospedale rimanga uno dei dieci migliori al mondo, perché l’ammalato sia persona a cui si prestano le cure migliori, tutte le attenzioni possibili e non sia un freddo calcolo di guadagno?

A dicembre ci avete conferito l’”Ambrogino d’oro” con motivazione altisonante in merito al nostro impegno per il nostro ospedale: forse per voi è stato solo un modo per toglierci elegantemente di torno, un “contentino” per chiudere la faccenda!?!

Sappiate che per noi gente semplice,abituata a lavorare onestamente e come Raffeliani orgogliosi di avere sempre dato il meglio di se stessi sia come professionisti,sia come uomini e donne come ci ha voluti don Luigi, l’”Ambrogino d’oro” lo viviamo davvero come una onorificenza ( di cui siamo certi averne merito) ed almeno in Milano richiediamo l’attenzione che ci spetta.

Uomini potenti, ovunque siate e con chiunque siate oggi sottobraccio, lo sentite il grido di dolore che si eleva dal San Raffaele? Possibile che don Luigi non vi abbia mai detto una sola parola che oggi non vi rimbombi nel cervello, nel cuore e nelle orecchie? Non dovete proprio niente, a don Luigi? Noi Raffaeliani,semplici lavoratori, oggi più che mai consci dell’eredità lasciataci da don Luigi, ribadiamo e condividiamo il suo grido di dolore : “ Il San Raffaele non è questo, il San Raffaele non deve essere così! “ mentre percorriamo i viali con le fioriere incolte, guardiamo gli edifici incompiuti abbandonati e , soprattutto, siamo a fianco degli ammalati dando loro il nostro meglio ma sapendo che uomini potenti li considerano solo fonte di guadagno.

Il nostro San Raffaele non deve essere così!

Tz 4 agosto 2012

ASCOLTA

ASCOLTA…


Ti osservo sulla prima pagina di molti quotidiani (per forza!mi vien di sottolineare: di molti sei azionista ,di alcuni addirittura di maggioranza), sorridente ed elegante con ostentata sicurezza. Cerco il tuo sguardo,il foglio stropicciato me lo nega lasciandomi la possibilità di immaginarlo: faccio fatica. Faccio fatica anche a scriverti ( il che è tutto dire per una scribacchina come me!) eppure credo tu debba sapere…

Nella mia posta aziendale ho conservato tutte le mail pervenute da precedenti dirigenti,traghettatori verso la soluzione conclusiva i quali,passo dopo passo, hanno informato ognuno di noi di quanto stava accadendo e tutti ci hanno spesso rincuorati e dichiarato il loro apprezzamento per come continuavamo a lavorare con impegno,compatti nonostante l’assoluta incertezza della situazione, nello spirito etico e professionale che il nostro presidente ci aveva richiesto,inculcato,trasmesso.

Di te ho solo il discorso di insediamento e non per distrazione: non ci hai scritto altro.

Ero in sala, quel giorno ed ho vissuto nettamente l’amaro che scorreva anche fra quelle persone che, a conclusione del tuo monologo, ti hanno applaudito; ho visto le loro facce deluse per quel rivolgerti a noi che non c’è stato,se non per un momento ( “ho fiducia in voi” calpestato dall’immediato “ho fiducia in me”) mentre avevi lasciato trapelare neppure troppo velatamente quale sarebbe il tuo comportamento con “i monelli” ,così mi permetto di definirci elegantemente.

Per quanto non conti nulla, sappi che io non ti ho applaudito.

Hai calpestato il mio dolore,il dolore di molti di noi; hai avuto espressioni sarcastiche per persone le quali,pur ammettendo che abbiano compiuto degli errori mastodontici, hanno costruito e voluto una struttura all’avanguardia e soprattutto non hanno mai taciuto l’apprezzamento e l’orgoglio per avere collaboratori di grande valore. Tutti noi abbiamo vissuto la consapevolezza di essere “di più”, noi tutti eravamo “ il nostro ospedale”.

Poco ti importa?

Bene! Sappi,tuttavia, che non hai saputo conquistare il nostro cuore (perché mi viene il dubbio che tu non capisca il significato di “cuore”?), non hai la nostra fiducia, non sei “il nostro ospedale”.

Guardati attorno: tutto quel che è tuo perchè l’hai comperato non vive e non vivrà senza l’anima ed il cuore di chi ci lavora.

Sei solo. Certo sei potente: puoi licenziare,sostituire,scegliere altre persone di tua fiducia senza cuore e senza anima ma, ricordati! gli ammalati non hanno solo un corpo su cui speculare; hanno un cuore,hanno un’anima che solo chi possiede sa capire.

E tu,degli ammalati, nel tuo discorso di insediamento,non hai mai parlato.

E noi,il malato, lo consideriamo la centralità della nostra professione.

“il nostro ospedale” Siamo noi.

Disposta a parlartene.tz