26 aprile 2015

MORTIFICARE L'UOMO

La supremazia di un uomo nei confronti del suo simile, di un popolo nei confronti di altri è stata espressa nel corso dei millenni di storia conosciuta in moltissimi modi, più o meno cruenti. La mortificazione è entrata a far parte anche della tradizione religiosa cattolica,soprattutto perpetrata sul proprio ed altrui corpo nella dimensione fisica come in quella psicologica: ricordo ancora i "fioretti" a cui eravamo invitati noi bambini nel mese di maggio in onore di Maria ed ancor più ricordo i racconti di mia madre in merito alle abnegazioni ed alle astinenze a cui la mia bisnonna materna amabilmente obbligava lei e le sue sorelle per la redenzione dei peccatori. Mortificazione corporale anche per i ministri di culto si perpetua da secoli con l'obbligo della negazione della sessualità sia per religiosi che per religiose, respinto ogni tentativo di annullamento della regola inventata dall'uomo. Più tremenda e non sempre identificabile la mortificazione imposta fra le pareti domestiche da genitori nei confronti di figli, da un coniuge nei confronti dell'altro. In nessun caso, la mortificazione porta benessere ad alcuno eppure,molto subdolamente ed infidamente, la mortificazione serpeggia nella vita quotidiana di ognuno di noi avvicinandoci più al regno della morte che della vita personale terrena: persino le preghiere siamo spinti a rivolgerle ai morti chiedendo loro aiuto o invocando per loro la misericordia di Dio! Cullare l'uomo nella mortificazione,nascondendo la verità o,peggio ancora, rivestendola di abiti cuciti a misura d'uomo, pare sia in merito alla Verità di Dio una pratica umana molto diffusa e resistente. Voglia il Signore aprire gli occhi ad ognuno di noi e siano le preghiere di noi vivi rivolte a Dio affinché il nostro prossimo,vivo e vegeto, vada alla fonte e scopra la vera volontà di Dio per egli stesso e per l'umanità intera! Nessuna mortificazione è richiesta da Dio all'uomo al quale mandò il suo Figliolo Gesù Cristo affinché ogni uomo abbia vita esuberante.

22 aprile 2015

PRIMA DONNE E BAMBINI

Nei gesti di ogni giorno, fra persone della mia generazione e fra i figli di coloro i quali li hanno educati secondo tradizioni e cultura nostrane, l’espressione “Prima donne e bambini” è sinonimo di una situazione di pericolo in cui è prioritario salvare la pelle ed è assolutamente naturale per gli uomini prestare soccorso innanzi tutto a donne e bambini. Moltissimi sono i film ambientati in epoche belliche in cui il coraggio e l’altruismo dell’uomo sono narrati e misurati in base alla abnegazione con cui egli mette a periglio la sua incolumità a favore della vita di donne e bambini anche se a lui sconosciuti e la realtà storica ha confermato ripetutamente,tramite la testimonianza delle interessate, che non sono episodi di fantasia o apologia di alcun potere. L’ultimo tragico naufragio di cui si discute e si scrive abbondantemente nell'attesa che la collettività internazionale riesca a far fermentare in sé almeno il dubbio della necessità di un interessamento per i migranti, ritengo sia ancora più sconcertante per l’assenza di donne e bambini fra i superstiti. Ascoltiamo attoniti mozziconi di racconti dei 28 superstiti,giovani uomini ancora sotto shock, nessuno dei quali pare sia in grado di spiegare dove fossero stipati donne e bambini, qualcuno anzi sembra non sappia nemmeno se vi fossero altre creature umane, oltre a loro maschi , imbarcate. Se già il dolore per il naufragio s’insinua tagliente nei miei pensieri, non nascondo che la sorte delle donne e dei bambini mi rende la vicenda ancora più inaccettabile ed oscura. Non mi permetto di puntare il dito contro nessuno,ovviamente, ma,qualcosa , a causa del la mia cultura e delle mie tradizioni mi mette addosso una certa perplessità e mi chiedo: sono io pronta ad accettare una cultura secondo cui le donne e i bambini sono insignificanti sino al punto di lasciare che muoiano nell’indifferenza di uomini adulti, cioè capaci di intendere e volere? Non oso nemmeno immaginare le angherie vissute da quelle povere malcapitate le quali, almeno per il naturale istinto materno, credo abbiano cercato di proteggere e salvare le loro creature prima che loro stesse; volete convincermi che nessun uomo prestante ed aitante abbia udito il loro grido d’aiuto? Certo nessuno dei superstiti ammetterà mai anche la più lontana parentela o conoscenza con una sola di quelle donne, gli scafisti non avranno alcun rimorso per nessuna vittima così,una volta ancora si perpetua la tradizione che vuole la donna creatura di secondo piano di cui ci si può tranquillamente fare gioco sino a lasciarla morire nella indifferenza, insieme con la sua creatura. La cultura e le tradizioni che consentono ai maschi di sottovalutare la donna, dovrebbero fare a pugni con la decantata cultura occidentale protesa al riconoscimento di pari dignità per uomo e donna,battaglia combattuta fieramente dai movimenti femministi; come mai nessuna donna occidentale pronuncia una sola parola in merito alla anomalia del naufragio? Sinceramente il silenzio di tutta la comunità mi lascia perplessa: si preferisce non sottolineare il diverso concetto di rispetto e diritti per la donna in nome di un’integrazione pacifica rivestita di pietismo? Siamo davvero tutti, o meglio tutte pronte ad accettare una cultura secondo la quale la donna deve stare sottomessa all’uomo nel senso più ampio del termine “sottomissione” in nome di un dio che dovremmo condividere nel segno della fratellanza umana? Io credo sia meglio che cominciamo a guardare in faccia la realtà prendendo atto delle diversità culturali e tradizionali, anzi auspico che ad iniziare siano “prima le donne e i bambini”.

21 aprile 2015

UN'ALTRA PRIMAVERA

Ho atteso i primi tepori per tornare ad immergermi in te, mare nostro che culli millenari segreti ai quali mai rivolgo il pensiero mentre sbircio i tuoi fondali e sogno. Or sulla riva ti osservo, placido e blu t’increspi forse d’orgoglio,forse di rabbia mentre io tergiverso dubbiosa d’infrangere il riposo di chi in te ripose speranza di un’altra primavera.

19 aprile 2015

CRISTIANI SEMPRE

Lasciamo che il faceto rallegri la nostra vita ma, non riponiamo in esso l'essenza del nostro vivere. Piuttosto cerchiamo di riconoscerlo,magari accomuniamolo a tutte le cose che sono per un tempo e riserviamo il nostro desiderio di conoscere ed approfondire il nostro rapporto strettamente personale con l'unica verità che ha ( e dà) vita eterna: il Signore Gesù. Va di moda in questi giorni valutare e giudicare le affermazioni di autorità civili e religiose in merito alle persecuzioni dei cristiani, ormai non così lontane dalla U.E., ci si meraviglia del loro bofonchiare teorie ed apologie insensate ma, raramente, mi pare, si esprime una considerazione basilare: davvero quelle autorità hanno fatta propria una scelta di vita cristiana,davvero hanno accettato per scelta personale di vivere secondo gli insegnamenti Biblici, ovvero secondo la Parola di Dio, davvero ogni mattina si studiano di applicarli nella loro vita quotidiana,in ogni loro azione? Umanamente, nelle scelte di ogni giorno, dall'idraulico alla compagnia telefonica, tutti noi decidiamo di rivolgerci a chi ci dà fiducia pechè lo sappiamo competente in materia ed ad esso affidiamo i nostri tubi, i nostri telefoni e via dicendo. Ora: siamo così certi della competenza delle autorità civili e religiose che dibattono e pronunciano "verità" cristiane, siamo così convinti di affidare a loro la nostra vita cristiana? Il vivere con Gesù, l'essere Cristiano è una scelta personale,non delegabile nè a padrini di battesimo,nè a madrine di cresima e non è rinviabile a morte fisica accertata; comporta sempre l'impegno di vivere guardando a Gesù , chiedendo il Suo aiuto affinché anche noi creature imperfette possiamo vivere ogni nostro giorno secondo il Suo insegnamento. Solo chi ha la forza di una fede personale sincera e profonda può sostenere coloro i quali condividono la stessa esperienza di fede, non altri. Che il Signore dia ad ogni Suo figliolo la fermezza di confessare la sua fede in qualunque situazione!