14 aprile 2016

PROFESSIONALITA' UMILIATA

Tutti siamo arrabbiati per le ripercussioni sulla nostra pelle della legge Fornero; tantissime le vignette satiriche pubblicate, molte ambientate nelle corsie ospedaliere.Amaramente abbiamo sempre sorriso, anche noi che quelle corsie le percorriamo ogni giorno, spesso correndo, sempre gravati da responsabilità ed inevitabili sentimenti.
Noi siamo un gruppo medico-infermieristico- assistenziale molto unito, équipe storica, potremmo dire, che della nostra area specialistica abbiamo vissuto gli albori ed ogni trasformazione sino al giorno d'oggi con rari casi di dimissioni e inserimenti. Molti studenti di medicina ed infermieristica continuano ad essere formati da noi, tutti molto soddisfatti per l'attenzione quasi maniacale con cui vengono seguiti dai loro tutor; altissimo il grado di gradimento dei pazienti per cure ed assistenza. Il nostro centro, quest'anno festeggia i 25 anni di attività e noi ci prepariamo a celebrare la ricorrenza con orgoglio.
Talvolta sfogliamo l'album delle fotografie scattate in vari momenti e situazioni: sono lo specchio veritiero degli anni che sfilano sui nostri visi, testimonianza di una piacevole resistenza nel tempo poco infestato da malattie ed acciacchi.
Siamo, nell'ambito dell'intera struttura ospedaliera, l'unità operativa con l'età media degli operatori fra le più alte: io mi permetto di detenere il primato della più anziana in assoluto, alle spalle del primario.
Grazie a Dio per ogni benedizione di cui ci ricolma!
Ieri, abbiamo fatto fatica a non scattare l'ennesima fotografia di noi in turno: documento storico di una attualità su cui, vivendola, non abbiamo più nulla da ridere ma che ci umilia. Provo a descrivere la situazione. Interno di una camera di degenza della nostra unità operativa: quattro chiacchiere fra medici ed infermieri con la paziente la quale , indossando un corsetto, mostra di riuscire a stare in postura eretta. La paziente è un medico specialista in servizio nella medesima unità. Fra i presenti, una donna, in piedi,  appoggiata ad un bastone da passeggio molto simile a quello che mia nonna teneva nel porta ombrelli: è un medico specialista, collega della paziente, in servizio nella stessa unità, colpita da lombosciatalgia, in turno per mitigare l'effetto assenza per malattia improvvisamente scatenatosi con interessamento di più medici contemporaneamente; con loro, infermieri dai capelli brizzolati noti alla medicina del lavoro per limitazioni riconosciute nell'esercizio della professione.
Si sorride, a testa bassa. In cucina, a turno concluso, si pensa al giorno dopo: chi lavora con me? Saremo in tre, un OSS e due Infermieri: tutte e tre con limitazioni importanti per quanto concerne la mobilizzazione dei pazienti o di pesi in genere. Ci si guarda in faccia, troppo facile la conclusione: i pazienti non autonomi nella mobilizzazione, rimarranno nei loro letti. Non riusciamo a sorridere nemmeno di nascosto. Il nostro pensiero va immediatamente ai pazienti: perchè dovrebbero pagare le conseguenze loro, senza colpa, dei nostri problemi? Sappiamo senza ombra di dubbio che non sarà così, noi i pazienti li assisteremo e ci prenderemo cura di loro come sempre al meglio, fa niente se al termine del turno i nostri corpi ci presenteranno il conto. Nessuno di noi vuole svendere la propria professionalità al tempo che ci vuole vecchi. Vorremmo solo lasciare il posto a chi, giovani, con un futuro tutto da vivere, oggi parteciperanno in migliaia ad un concorso per l'assegnazione di un posto per infermiere in una struttura pubblica del ricco Nord Italia. Prima che le camere di degenza si riempiano di personale medico-infermieristico  i quali dovrebbero essere in servizio e non in malattia.

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