Pensando
a noi stessi, sovente viviamo il timore della sofferenza calando
l’evento su noi stessi quale esito di nostre scelte personali o di
patologie devastanti il nostro organismo. Raramente pensiamo ad
eventi funesti, improvvisi e imprevedibili che si abbattano su noi
trafiggendo il nostro pacifico vivere.
Quando
accadono, immancabilmente siamo impreparati ad accettarli, ancor meno
ad affrontarli.
La
sofferenza viene costantemente rifiutata, al giorno d’oggi, in nome
di una dignità di vita i cui parametri sono decretati dagli stessi
uomini, personalità riconosciute eccellenti esperti di etica, i
quali per loro stessi, messi alla prova, nessuno sa se li applichino.
“Perchè
soffrire inutilmente?” è il quesito ricorrente; meno consueto pare
essere la domanda “ la sofferenza è davvero inutile?”.
La
società contemporanea, in nome del progresso sociale, alla luce di
importanti ricerche scientifiche e conoscenze raffinate, ritiene di
poter ammodernare l’esistenza umana e di renderla più felice
spogliandola di difficoltà secolari che i nostri antenati impararono
a superare riconoscendo la loro naturale limitatezza. Si dice che
tutti i popoli trovarono nell’inventarsi un dio la scappatoia per
giustificare i loro insuccessi, per sopportare la sofferenza vissuta
come punizione dei loro dei o come sacrificio per rendersi propizio
il loro interessamento. Noi consideriamo arte statue, dipinti,
feticci a cui molti attribuiscono doti salvifiche: di loro non vi è
racconto che abbiano mai provato o condiviso la sofferenza umana.
Come
cristiani, spesso chiamiamo in causa il Signore solo in particolari
momenti della nostra vita, ad esempio nella sofferenza.
C’è
chi sommerge Dio con mille ripetuti “perchè?”, c’è chi Lo
maledice ritenendoLo unico colpevole, c’è chi Lo invoca per
ricevere aiuto.
Forse
nessuno di noi, di fronte ad un evento tragico che ci spossa, riesce
a ricordare che il primo ad avere vissuto la sofferenza sino alla
morte provocata da altri, immeritata, è Gesù.
Gesù
è stato crocifisso sulla croce ed ha sofferto come uomo l’atrocità
nella propria carne, nella propria sensibilità.
L’atto
compiuto dagli uomini sul Golgota nei Suoi confronti fu l’ultimo di
una miriade di oltraggi e affronti che Egli subì come ognuno di noi
li subisce quotidianamente dal proprio prossimo.
Gesù
non ha mai rinnegato o rifiutato la sofferenza.
Egli
ha trasformato la Sua sofferenza, la Sua morte nel dono più prezioso
che l’umanità abbia mai ricevuto: la salvezza, la vita eterna.
Di
certo noi non possiamo fare altrettanto ma, possiamo trasformare la
nostra sofferenza, di qualunque genere essa sia, in un dono: vivendo
sulla nostra pelle situazioni difficili, possiamo essere di aiuto per
coloro i quali si trovino nelle stesse situazioni donando loro il
nostro aiuto, il nostro sostegno ben conoscendo, avendolo
sperimentato, il loro sentimento.
Volere
sfuggire alla sofferenza, negare l’esperienza del soffrire conduce
la persona, oltre che all’inganno più palese, alla totale
incapacità di amare e di soccorrere chiunque. Se stesso compreso.
Ringraziamo
Gesù per il Suo potente e perfetto esempio di uomo sofferente, Dio
salvatore e liberatore che sulla croce ha portato ogni nostro dolore,
ogni nostra malattia affinché, invocando il Suo intervento, noi
possiamo trovare la guarigione.
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