16 luglio 2020

COVID-19, LADRO INCENSURATO


“Devo farle compilare un questionario, anzi, scrivo io e lei firma soltanto”.
“Sì, lo so” e iniziano le domande solite che perseguitano tutti ormai da mesi : hai avuto il Covid, sei stato con persone infette, hai qualche sintomo, sai che…
“E’ stata in qualche paese dove fosse in corso un focolaio?”
“No!”
“Io però scrivo sì”
“Ma io non sono stata in nessun focolaio!”
“ Ma io scrivo sì”
“Ah beh, io “non sono stata”, io sono “residente”, vero, essendo Lombarda!”.
Chiudo con impazienza un passaggio obbligato per poter rivedere mia mamma dopo 5 mesi. Sono nel cortile antistante l’ingresso principale della casa di riposo, ho risposto distrattamente alle domande sbirciando il gazebo nel quale incontrerò mia mamma. So che lei entrerà da un ingresso diverso dal mio, quel tendone da circo bicolore rosso-arancione non mi attrae gran che e, anche dopo aver superato l’ingresso, mi delude per quanto è disadorno: due sedie dirimpettaie ma, separate da una parete di plexiglas, sono l’unico arredo. Mia mamma arriva accompagnata dall’educatrice, passo incerto facilitato dal deambulatore, un po’ più magra ma, si direbbe in salute. Il suo primo gesto è tendermi le braccia, “non mi saluti nemmeno?” chiede e viviamo entrambe il primo divieto mortificante: “no, mamma, non possiamo toccarci, c’è una parete”. Anche se non lo diciamo, siamo entrambe commosse, come se tutte e due fossimo delle sopravvissute. Tentiamo di parlarci e immediatamente ci accorgiamo di un’altra barriera: il plexiglas attutisce i suoni, mia mamma non mi sente anche se mi è stato concesso di togliermi la mascherina. Devo chiedere all’educatrice se possa fornire mia mamma di un cordless in modo che io possa telefonarle. Il provvedimento funziona per poco, mia mamma non vuole creare disturbo all’ educatrice che le ha dato il suo cellulare. Torniamo a non capirci, alle mie domande urlate rispondono gli anziani che chiacchierano e prendono il sole in prossimità del gazebo.
E’ mia mamma ad interrompere l’incontro ben prima dei trenta minuti a disposizione, la delusione sconfigge ogni entusiasmo.
Devo prenotare ogni incontro, ci rivedremo fra qualche giorno. Di te so solo quel che ho visto e quel poco che mi hai detto al cellulare: sei senza biscotti e caramelle, vorresti due canottiere nuove , di cotone a spalla larga.
Scelgo di rivederti all’aria aperta, come proposto dai responsabili della casa di riposo. Luogo dell’incontro la cancellata che,  fermamente chiusa, separa la strada dal giardino/ cortile della struttura. Ti accompagna la psicologa che trascina la sedia sulla quale ti accomoderai. Per non sbagliare le misure previste dalla distanza sociale, è stata predisposta una bella catena bianca e rossa fra paletti altrettanto graziosi. Mia mamma non capisce perché debba stare al di là di quella catena che scuote con rabbia.
E’ luglio inoltrato, fa caldo e nelle aiuole ortensie colorano quell’angolo di mondo mentre viene diffusa musica tradizionale dai testi conosciuti e canticchiati dagli anziani che possono godere le belle giornate in giardino.
Consegno alla psicologa biscotti, caramelle, canottiere: te li daranno una volta “disinfettati”.
Devo sempre alzare la voce, per farmi sentire. In pratica, non parlo con te ma, con tutti gli ospiti e con i parenti di altri avvicinati alla stessa cancellata, contemporaneamente. Grazie a Dio siamo in un paese in cui i legami parentali si perdono nella notte dei tempi, le storie personali si intrecciano nelle famiglie e sono vissute da tutti come proprie. Si parla, meglio si urla, di tutto e di nulla.
Così ogni volta. L’amarezza e la delusione diventano sofferenza pura, monta la rabbia.
Non tollero le tue lacrime, la tua stizza nell’allontanarti perché non riesci a dirmi quello che vorresti,  la tua insofferenza che somatizzi in uno stare poco bene non meglio specificato.
“ Quando aprite l’ingresso ai parenti?”
“Eh ci vuole ancora qualche giorno, l’ULS non ha dato ancora disposizioni”.
A me, riesce sempre di ottenere risposte inattese. L’Assessore alla Sanità risponde a un mio messaggio negando competenze dell’ ULS nel merito.
“Quando aprite l’ingresso ai parenti?”
“Ancora qualche giorno”.
Ci avviamo alla fine di luglio, siamo in località montana ove ancora si cita “pioggia d’agosto, rinfresca il bosco” e tutti sappiamo che con settembre il clima cambia e gli anziani hanno minori probabilità di stare all’aperto. La sensazione che sia necessario fare in fretta mi pervade.
Torno a casa inviperita, mi attacco al telefono: voglio sapere cosa succede in altre case di riposo in provincia. La persona all’altro capo del telefono, presidente di una delle case di riposo della provincia ( non lo sapevo rivestisse tale incarico) credo tolleri il mio sfogo urlato solo per sua innata bontà.
Non c’è verso: si è bravi solo se si evita l’infezione da covid-19.
Che cosa può contare di più se non snocciolare i dati attestanti l’assenza di casi o un numero ridotto di infezioni all’interno della casa di riposo?
Cosa importa se i nonni dichiarano che preferirebbero vedere una volta di più figli e nipoti e, al diavolo il Covid, morire se fosse il loro destino? La psicologa mi conferma che quello è il desiderio ricorrente nella maggioranza degli anziani.
Covid maledetto! Ti ho vissuto fra le mura dell’ospedale, porto i tuoi segni nel cuore e nell’anima; non ancora soddisfatto mi metti alla prova rubandomi mia mamma?
Ladro, maledetto ladro dei nostri nonni! Diabolicamente hai intrappolato la mente di molti di noi nella paura del tuo potere di sconfiggere la vita e, mentre tutti si guardano alle spalle per  poi mettersi al petto la medaglia di “salvatori dei nonni”, salvati dal tuo vigliacco attacco, tu te la ridi rubando la gioia, la serenità, l’affetto della famiglia ad ognuno di loro!
Tu, covid, non tornerai. Tu continui a imperversare nella mente di tutti rubando il bene supremo: l’amore reciproco.
Io tornerò, mamma! Tornerò e combatterò ora per un abbraccio ed un bacio che non voglio rimpiangere quando i giorni naturalmente si esauriranno.
L’incensurato ladro Covid lo vinceremo, insieme.






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