26 dicembre 2010

Notte di Natale

Otto ore di lavoro nelle gambe e nella mente;
otto re di lavoro nel cuore:
torno a casa abbandonando ogni fatica fisica a passi lenti, scaricando ogni tensione in respiri profondi.
Libero lo sguardo dalle immagini di corsia osservando le finestre illuminate, più numerose del solito a quest’ora, lasciandomi traviare dalle luminarie ora anche di color blu che non mi piacciono.
Oltre una di quelle finestre illuminate, c’è chi mi attende.
Riuscirò a raccontarglielo?
No. Voi siete miei.
Non importa il vostro viso, i vostri profili si alternano e si sovrappongono nello scorrere a ritroso i numerosi anni di lavoro; risuonano in me le vostre voci dal timbro sì certamente individuale ed originale, le vostre risate, i timidi sorrisi; rivivo i vostri gesti impacciati, l’imbarazzo a superare la porta delimitante il “ locale riservato al personale”.
Ricordo la vostra sorpresa di fronte alla tavola imbandita, lo sciogliersi del gelo relazionale fra voi, degenti costretti nel vostro singolo spazio che fra voi non vi conoscevate, il più coraggioso nell’occasione ad azzardare per primo l’assaggio dei cibi.
Pigiami e divise uno splendente abito da sera.
Emozione irripetibile, parentesi di serenità, medicina risanatrice.
Piove, nevica : non si sa.
Rallento il passo, mi concedo ancora qualche secondo in solitudine per ricacciare giù, nell’angolo più buio del mio animo, il mio vuoto.
Vi ho lasciati lì, nei vostri letti di sofferenza: nessuna tavola imbandita vi attende, non vi sarà il più coraggioso a varcare quella soglia, il primo ad addentare il torrone.
I pigiami restano pigiami, le divise restano divise : nei primi voi, fortunati se nel sonno trovate l’oblio della Notte speciale.
Alzo gli occhi alla finestra: la mano di chi mi aspetta si agita in un saluto. Scuoto l’ombrello a risposta.
Chiudo l’ombrello,arrivata al portone: mai più la Notte così.

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