Ci son quei risvegli dallo stato di sopore, in agguato nella notte di lavoro, che ti rubano il re
spiro. "Ho paura di non camminare più" ti confida a mezza voce quello scriciolo di ragazza dai grandi e penetranti occhi azzurri, li vedi puntati nei tuoi, luminosi a infrangere il buio della stanza , lame taglienti la tua coscienza presa in trappola fra la necessità di una mezza bugia compassionevole e la cruda realtà che maneggi delicatamente, con cura, due gambe senza più tono muscolare, le estremità omai deformi, doloranti.
Ti aggrappi alla prospettiva, speri, prossima di un centro di riabilitazione. " Lo sai, te lo ha detto il medico, andrai in una struttura dove sarai seguita a dovere...", provvidenziale lo squillo di un campanello ti toglie da quell'imbarazzo. Ti allontani componendo il tuo viso e riordinando i tuoi pensieri su misura per chi ti aspetta per confidarti desideri più simili a sogni che a speranze. D' altro canto, è ancora notte e solo i merli là fuori, nel parco, possono raccontarsi la verità che tu hai dispersa nel vento.
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