01 maggio 2016

Maggio, 1

Si presentarono a quell'uscio quasi fatiscente indossando gli abiti migliori, sempre gli stessi ormai da tempo, scarpe lucide a nasconder suole bucherellate, ostentando l'ottimismo dei tempi migliori: volevano dimostrargli tutto l'affetto di cui erano capaci, di certo immenso e non proporzionale alle soddisfazioni raggiunte. Bussarono chiamandolo allegramente ad alta voce sì che potesse riconoscerli senza ombra di dubbio, già pregustando il suo sorriso in quella faccia rubiconda accarezzata da qualche ruga ma, stranamente, non udirono alcun rumore ad annunciare l'atteso arrivo. Alzarono il tono di voce, azzardarono un tocco più deciso sulla porta che si arrese lasciando intravvedere il locale immerso nel buio. Ammutolirono tutti all'improvviso, escluso lo scherzo di pessimo gusto non confacentesi alla natura gentile del loro amico, si scambiarono una rapida occhiata e decisero di accedere insieme al suo studio. Lo trovarono nella semi oscurità, stranamente abbandonato sulla sdrucita poltrona di pelle, color rosso un tempo fiammante, vivo di certo perché ne individuavano il respiro. Attorno, solo enormi raccoglitori dalle grandi scritte, specifiche e quasi ridicole: " puizie, imprese", "manutenzione condomini", "rampanti, dirigenti", "giovani occasioni"... In tutti i modi tentarono di risollevarģli il morale ma, nessuno riuscì più a farlo sorridere: se ne rimase lì, sulla sua stinta poltrona, ripetutamente recitando: "nessuno più mi vuole, nessuno più mi vuole". Affranti gli amici lo lasciaŕono a se stesso, d'accordo insieme optarono per raggiungere la piazza in festa, chiusa la porta di botto da cui prese a ciondolare la targhetta d'ottone con inciso il tragico cognome : "lavoro".

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